Mirko Casadei: "Vi racconto mio padre Raoul, il mito del liscio"

Esce oggi 'Il figlio del re', il libro che Mirko ha voluto dedicare al padre, scomparso lo scorso anno. "Quando voleva una cosa la raggiungeva: come quella volta che fece un pezzo con Tito Puente"

Raoul Casadei, il ’re del liscio’ scomparso nel 2021, e il figlio Mirko

Raoul Casadei, il ’re del liscio’ scomparso nel 2021, e il figlio Mirko

Cesena, 18 maggio 2022 - Re della Romagna e del liscio, ma anche ambasciatore di ottimismo e gioia di vivere. Raoul Casadei era così e il figlio Mirko, suo successore sul palco e da oltre vent’anni al comando dell’orchestra più famosa d’Italia, lo ricorda nel libro ’Il figlio del re’ (Bompiani, pp. 206, 17 euro), scritto insieme al cantautore Zibba, in uscita oggi. Un viaggio caldo e avvincente tra musica, avventure e idee geniali.

Casadei, com’è nato il libro?

"Dopo la scomparsa di mio babbo sono venuti fuori tanti ricordi ed emozioni che ho deciso raccontare. Avevo voglia di celebrarlo, ma non è una biografia. È piuttosto un racconto introspettivo della sua vita e del nostro rapporto padre e figlio".

Che padre era Raoul?

"Un babbo originale, unico nel suo modo. È stato assente quando ero piccolo perché erano i suoi anni di grande successo. Era sempre fuori, ma allo stesso tempo c’era quando ci doveva essere. Si era addirittura inventato un pullman che trasportava l’orchestra e l’attrezzatura per tornare a casa dopo i concerti. Si faceva centinaia di chilometri pur di passare da noi figli, nel cuore della notte, e lasciarci un regalino".

E lei che figlio è stato?

"Un po’ ribelle, ho combinato alcuni guai. Vivevo cercando di fare la mia strada, rigettando il mondo del liscio, della famiglia, di Raoul".

Poi ha deciso di seguire le sue orme.

"A un certo punto mi sono accorto del valore delle piccole cose, dell’amicizia, della famiglia e sono rientrato in quel solco che Raoul aveva tracciato. Essere il figlio del re del liscio significa avere un popolo di persone che ti vogliono bene".

Il libro è pieno di aneddoti. Ce n’è uno che le è rimasto impresso?

"Una volta eravamo nel pullman con gli altri musicisti e gli è venuta l’idea di realizzare un pezzo con Tito Puente, il padre della musica latinoamericana. Tutti si sono messi a ridere, ma dopo una settimana eravamo a New York con Puente. Quando Raoul voleva una cosa, la raggiungeva".

Raoul è stato anche un imprenditore. Come ha coniugato i due mondi?

"Ha fatto del liscio una vera e propria industria. Ma a lui non interessavano i soldi, era un imprenditore con le idee. Con la Ca’ del liscio ha creato un locale da cinquemila posti, un’opera faraonica. Arrivavano pullman da tutta Italia per ballare nel tempio del liscio, in cui ci sono stati i più grandi artisti italiani e internazionali, da Ray Charles a Gloria Gaynor. Quando un’idea cominciava a esaurirsi, poi, lui se ne faceva venire un’altra".

Ad esempio?

"La nave del sole. Una semplice motonave che aveva trasformato in una balera galleggiante, con vip e musica dal vivo".

Essere nazionalpopolari oggi è più difficile?

"Il mondo è cambiato, ma credo che in questo contesto globalizzato ci sia ancora più spazio per le origini e le tradizioni. Raoul ha rotto il ghiaccio portando un’orchestra popolare e contadina su palcoscenici come Sanremo o il Festivalbar. Per lui il termine popolare era meraviglioso, non si è mai vergognato di essere ruspante, autentico. Oggi ci sarebbe bisogno di questa genuinità".

Una tradizione che lei continua a portare in giro per il mondo.

"A breve partiremo in tour da New York. Negli anni ho duettato con artisti come Irene Grandi, Ruggeri, Bregovic. È bello portare la musica di un territorio piccolo come la Romagna lontano. E mi emoziono quando sento allo stadio di Cesena cantare ’Romagna capitale’, la prima canzone che ho scritto con Raoul".

Che eredità ha lasciato suo padre?

"Prima di tutto le canzoni. Poi è stato un ambasciatore di ottimismo e allegria. È stato un po’ il babbo di tutti".