Alluvione, l’allarme anti catastrofe: "C’è, ma l’Italia non lo usa"

L’imolese Lorenzo Marchetti è il manager di una società che lavora con 24 Paesi: "Sistema di pubblica allerta: il cellulare squilla (anche se spento) a chi è a rischio"

Bologna, 7 maggio 2023 – In questi giorni si è parlato molto dell’allerta (o del mancato allerta) per l’alluvione cha ha messo in ginocchio l’Emilia Romagna. In realtà esisterebbe un sistema di allarme pubblico che raggiunge la popolazione con uno o più messaggi dedicati. La tecnologia sviluppata da Everbridge, azienda nata negli Stati Uniti, vicino Boston, a seguito dell’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001, svolge il ruolo di intermediario tra gli enti e i cittadini durante le situazioni di emergenza. A parlarne è Lorenzo Marchetti, 29enne romano ma cresciuto a Imola, che nell’azienda americana svolge il ruolodi manager per relazioni con media e i governi.

Lorenzo Marchetti (Everbridge)
Lorenzo Marchetti (Everbridge)

Marchetti, di che tecnologia parliamo?

"Si tratta di un sistema di cell broadcast di pubblica allerta che, sfruttando le reti di telecomunicazioni mobili, fa sì che i messaggi di allarme vengano inviati a tutti i telefoni che agganciano la singola cella. È una tecnologia semplice nella misura in cui può raggiungere tutti, senza bisogno di installare App o essere in possesso di uno smartphone. Questo fa sì che durante le emergenze possano essere avvisati anche tutti quei cittadini, in particolare gli anziani, che non hanno a disposizione telefoni di ultima generazione, social o computer che permettono di seguire l’evoluzione dell’emergenza in tempo reale".

Il messaggio di allerta, quindi, può raggiungere chiunque.

"Esatto. Si tratta di un vero e proprio allarme che fa squillare i telefoni anche se, in base alla criticità dell’emergenza, sono spenti. Non funziona solo nel caso in cui il cellulare sia scarico. L’azienda ha sviluppato anche una tecnologia simile, chiamata Location based sms, che permette di poter rispondere al messaggio di allerta e riesce a individuare chi è uscito dalla zona colpita e chi no".

In Italia questo sistema è presente?

"No, non è stato dato il via libera all’implementazione. Noi lavoriamo con oltre 24 Paesi in tutto il mondo, l’ultimo test in ordine temporale è stato fatto nel Regno Unito lo scorso 23 aprile. Molti governi richiedono la nostra tecnologia proprio in virtù della semplicità e tempestività con cui riesce a raggiungere le persone in caso di emergenza".

Il sistema funziona a livello nazionale, ma nel caso in cui l’allerta sia circoscritta a una determinata zona, è possibile circoscrivere l’area?

"Certamente. Sul portale di accesso e attivazione del servizio è presente una mappa attraverso cui l’ente preposto, ad esempio la Protezione Civile, può selezionare la zona d’interesse. Così facendo, i messaggi di allerta verranno inviati a tutti i terminali mobili che agganciano le celle dell’area definita. Inoltre, il sistema non risente del ‘traffico dati’ che può derivare da situazioni di emergenza poiché i messaggi passano attraverso un canale specifico".

Per far sì che tutto questo avvenga c’è bisogno di un accordo con gli operatori telefonici?

"È necessario. Senza la firma delle compagnie telefoniche non è possibile utilizzare la tecnologia. È una questione di privacy, il sistema di per sé è cieco, riconosce soltanto i prefissi per geolocalizzare il Paese, ma non sono presenti i numeri di telefono".