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Alluvione: un anno dopo

Alluvione un anno dopo, ecco il piano per ripartire

Tracimazioni e casse per controllare i fiumi. E le frane sono 13mila. Persi 7,6 chilometri quadrati a Brisighella e 5 a Casola Valsenio

Ravenna, 8 maggio 2024 – Nelle settimane successive alla doppia alluvione del maggio 2023 comuni come Brisighella e Casola Valsenio si guadagnarono il soprannome – come la vicina Modigliana – di ‘paesi delle 200 frane’.

L’alluvione a Sant’Agata sul Santerno in una foto di maggio 2023
L’alluvione a Sant’Agata sul Santerno in una foto di maggio 2023

Un quadro che oggi sembrerebbe ottimistico: il numero delle frane censite dal Piano speciale post-alluvione, presentato alcuni giorni fa dalla struttura commissariale e dalla Regione, contiene il dato più spaventoso di tutti; sono 6. 200 le frane nel territorio del comune di Brisighella, 5.500 a Casola Valsenio, 2.000 a Riolo Terme. Nei due comuni di montagna è franato rispettivamente il 3,9% e il 5% del territorio comunale: significano 7,6 chilometri quadrati di frane a Brisighella e cinque a Casola.

Un’apocalisse che assume contorni ancora più drammatici quando si punta l’attenzione su tutto quello che si trova attorno alla frana: a Casola sono oltre 100 gli edifici compresi nel perimetro di cinque metri dai cosiddetti ‘poligoni di frana mappati’, 300 quelli compresi nel perimetro di venti metri da uno smottamento.

In entrambi i casi significa che oltre un edificio su dieci, fra quelli giudicati a rischio in Emilia Romagna, è posto nel comune di Casola. Sono addirittura 300 le interferenze fra strade e frane censite nel piccolo comune appenninico.

Ma se la montagna piange, la pianura non ride: la subsidenza in alcune parti della provincia di Ravenna rimarrà un elemento di rischio; nel mirino l’area in corrispondenza della foce dei Fiumi Uniti ("con massimi di abbassamento di circa 15 millimetri all’anno") e "un’ampia area a est di Faenza compresa tra il Lamone e il Montone, all’altezza dell’autostrada". Abbassamenti riconducibili nel primo caso alle estrazioni di idrocarburi e nel secondo al prelievo di acque di falda, che potrebbero rispettivamente "aggravare l’ingressione marina" e "rallentare il deflusso delle piene".

In pianura il Piano speciale post-alluvione individua quello che è un corollario di problemi da risolvere: in particolare vengono annoverate "insufficienza delle opere di bonifica nei territori drenati artificialmente", "mutate condizioni idrologiche e meteomarine rispetto all’epoca della progettazione", "insufficienza degli impianti idrovori", "volumi di invaso disponibili nella rete di bonifica ormai cronicamente insufficienti", "impermeabilizzazione dei suoli" e "interrimento dei canali".

Il lavoro da fare delinea un vero e proprio piano Marshall: e le situazioni più complesse, per quanto riguarda i fiumi del territorio, sono legate a Lamone e Senio. Per il primo "potranno essere individuate aree dove valutare tracimazioni controllate perfino nel tratto tra la via Emilia e l’A14".

Per quanto riguarda invece il Marzeno, che è un affluente del Lamone, è ribadita come "prioritaria l’attuazione di opere di laminazione nel tratto a monte della confluenza, a Faenza". Situazione complicata anche per il fiume Senio, che un anno fa allagò Castel Bolognese, e da lì l’acqua proseguì la sua corsa in pianura: "Interventi strutturali locali andranno attuati a difesa di Riolo Terme e della frazione di Isola; è prioritario il completamento della cassa di espansione Cuffiano".

Ma non basta: serve anche un "sistema difensivo che da un lato protegga l’abitato di Castel Bolognese, e dall’altro favorisca la capacità di lam inazione anche attraverso golene chiuse". Mentre per i Fiumi Uniti le casse di espansione dovranno vedere la luce a monte di Forlì, per il Savio occorrerà "incrementare il volume di laminazione anche a monte di Castiglione".

I canali del territorio non se la passano meglio: "Sul 50% della rete ravennate è necessario ripristinare l’officiosità idraulica. Da potenziare i bacini Canala-Via Cupa-Valtorto, Fosso Ghiaia, Lama Superiore e Inferiore, Fossatone, Rio Cosina, Madonna del Pino".

Occorre inoltre "sopperire alle insufficienze degli impianti idrovori, anche mediante installazione di nuovi gruppi elettrogeni". È definito infine "di particolare interesse a Ravenna il collegamento degli impianti idrovori Canala e via Cerba, con alleggerimento del nodo idraulico del sistema Lama in corrispondenza della chiavica di Longana, con sbocco nel Fiume Ronco".