Editoriale

La rigidità dei medici di famiglia

Alcuni medici di famiglia, sapendo che sono pochi e indispensabili, a volte se ne approfittano e gestiscono i pazienti in maniera non appropriata. Succede anche a Bologna. Prendi un appuntamento e se va bene a volte te lo danno dopo 10 giorni. In altre occasioni se una persona si rivolge al medico è perché ne ha necessità a breve termine. Succede anche che preso l'appuntamento arrivi in sala d'aspetto e non c'è nessuno. Pensi che sia in corso una visita poi il dottore compare e ti dice: prego si accomodi. C'è qualcosa che non va in questo meccanismo. La sensazione è diffusa.

Giorgio Morselli

Risponde Beppe Boni

Dal Covid in poi il mondo dei medici di famiglia non è più lo stesso. In quel momento la categoria ha posto (giustamente) molti paletti alle visite, dagli orari contingentati, agli appuntamenti obbligatori per evitare assembramenti, annullamento delle visite a domicilio. Ma finito il Covid molti (non tutti) camici bianchi di base hanno mantenuto la stessa rigidità di comportamento. C'è chi riceve solo su appuntamento, chi tiene i contatti solo via mail, chi ha quasi annullato le visite a domicilio. No così non va. Il malumore è diffuso soprattutto fra le persone in età avanzata. Ci sono regole d'ingaggio molto precise che forse qualcuno dimentica. Il dottore, per esempio, può adottare la formula degli appuntamenti, ma non può rifiutarsi di accettare una visita non prenotata se non è differibile. Le visite a domicilio vanno fatte, ovviamente in orari prestabiliti e concordati. Ricordiamo anche gli orari. Il dottore ha l'obbligo di presenza in ambulatorio tutti i giorni feriali. L'orario dipende dal numero degli assistiti. Fino a 500 assistiti deve essere presente per almeno 1 ora al giorno, per 5 giorni alla settimana; fino a 1000 pazienti la presenza minima sale ad almeno 2 ore al giorno; fino a 1500 pazienti deve assicurare una presenza minima di 3 ore al giorno.

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