Licia Petropulacos: "Ho chiesto le liste di attesa. Sono scomoda, mi cacciano"

Licia Petropulacos, direttore della sanità regionale, contro l’assessore Donini

Licia Petropulacos, direttore della sanità regionale dell'Emilia Romagna

Licia Petropulacos, direttore della sanità regionale dell'Emilia Romagna

di Barbara Manicardi

"Mi hanno convocata in una saletta e mi hanno detto: non vogliamo più che lavori qui". Loro sono "i vertici della Regione Emilia Romagna", lei è Licia Petropulacos, direttore generale dell’assessorato alla Sanità di viale Aldo Moro. Due fronti contrapposti, uniti durante la lotta alla pandemia e ora separati da una voragine che sembra impossibile colmare. Uno scontro senza precedenti, scatenato formalmente dal caso degli screening al personale sanitario, che si combatte a suon di accuse e avvocati.

A pochi mesi dalla pensione si aspettava tutto questo?

"Per la verità no. Chi mi conosce sa che io faccio il mio lavoro al meglio delle mie possibilità e di sicuro sono una donna che non si piega".

A cosa?

"A logiche politiche diverse da quello che è il bene e l’interesse del cittadino".

Quindi lo scontro non è nato solo sul caso screening ma anche su altro?

"Fare infuriare i sindacati, in questa regione, ti ’condanna a morte’. Sullo screening ho solo trasmesso il documento dei tecnici della cabina di regia Covid, alla quale non partecipo. Poi con tutti i mezzi ai tecnici della cabina, non è più stato permesso di esprimersi e oggi (ieri per chi legge, ndr) a riunione prevista per rivalutare il documento è stata sconvocata. Anche la necessità di razionalizzare le spese, visto che abbiamo un disavanzo di bilancio superiore ai 700 milioni di euro dovuto alla gestione della pandemia, crea non pochi nemici"

Razionalizzare in che modo?

"Evitando, per esempio, assunzioni o incarichi evitabili".

E non potevate discuterne?

"Io non mi sottraggo mai al confronto. Per questo stamattina (ieri per chi legge, ndr) sono andata di persona in commissione. Non ho nulla da nascondere, sono pronta a discutere di tutto anche in modo costruttivo. Ma per costruire bisogna essere in due...".

Fatto sta che ora è guerra aperta, una situazione inedita per l’Emilia Romagna.

"Non l’ho voluta io la guerra, sia chiaro. Io, e lo ribadisco, lavoro per il bene dei cittadini".

Ora è in mezzo alla bufera...

"Sì. E ci resto. Perché non ho nessuna intenzione di fare un passo indietro. Se vogliono mi licenzino pure e trovino una giusta causa per farlo, non certo un’offesa che io avrei rivolto a un collega in Regione. Se ne stanno occupando i legali".

Oltre ai sindacati ha fatto arrabbiare altri?

"Forse sì. Ho chiesto conto ai direttori generali di Ausl Bologna e Sant’Orsola Bordon e Gibertoni sulla gestione delle liste d’attesa per visite ed esami tra il 2015 e il 2021...e l’assessore Donini si è infuriato".

Perché?

"Non lo so. Io ho solo voluto accertare come viene speso il denato pubblico"-

Tra lei e Donini c’è mai stato feeling?

"No. Tra noi c’è un enorme divario culturale"

E ora, cosa succederà?

"Credo che frattura non sia più sanabile. Probabilmente procederanno a una riorganizzazione dei ruoli tecnici e amministrativi dell’assessorato: eliminando il mio posto elimineranno anche me. Con il rischio di dovermi pagare lo stesso".