"Alla Lanterna Azzurra non doveva esserci nessuno"

I genitori di Mattia Orlandi, vittima della tragedia di Corinaldo, dopo il rinvio a giudizio dei nove indagati del processo bis

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di Sandro Franceschetti

Ha seguito per intero anche l’udienza di giovedì, conclusasi con la richiesta di rinvio a giudizio per 9 persone: i 6 componenti della Commissione di vigilanza che nell’ottobre 2017 aveva rilasciato alla ‘Lanterna Azzurra’ la licenza di pubblico spettacolo, uno dei soci della srl che gestiva il locale, un tecnico ingaggiato dalla stessa società e un ulteriore tecnico della famiglia proprietaria dello stabile. Giuseppe Orlandi, papà di una delle vittime dell’assurda strage di Corinaldo, il 15enne Mattia, tre giorni fa era nuovamente in tribunale, ad assistere con il suo carico di dolore all’ulteriore tappa processuale.

Signor Orlandi cos’ha provato?

"Ogni volta è una sofferenza immane, ma sento il dovere di esserci, perché mio figlio e le altre 5 giovani vite spezzate quella maledetta notte dell’8 dicembre 2018 (altri 4 adolescenti e una mamma di 39 anni, ndr) meritano che sia fatta piena giustizia e che venga riconosciuto anche l’errore commesso dalla Commissione di vigilanza".

Qual è il suo pensiero in merito?

"I pm Valentina Bavai e Paolo Gubinelli sono stati chiarissimi: in quel locale non doveva esserci nessuno, perché era accatastato come deposito agricolo e non aveva certo i requisiti di sicurezza di una discoteca o, comunque, di un luogo in cui svolgere pubblici spettacoli. Pertanto, la Commissione di vigilanza, dando l’ok per la riapertura ha fatto uno sbaglio molto grave. Perché la sicurezza è di fondamentale importanza e certe decisioni vanno assunte con il massimo della responsabilità. E sa cosa vorrei aggiungere?"

Cosa?

"Io, mia moglie Paola e tutti i parenti delle sei vittime siamo stanchi di sentir dire che la causa della tragedia è da individuare nel numero eccessivo di persone presenti quella sera. La verità, lo ripeto, è che alla Lanterna Azzurra non doveva esserci nessuno, perché era, ed è tutt’ora, un deposito agricolo. Del resto, l’ingegner Marcello Mangione, ufficiale tecnico dell’Arma dei Carabinieri, redisse una perizia che confermava l’assoluta inadeguatezza del locale".

Per lei ottenere piena giustizia significa anche evitare che simili tragedie possano capitare di nuovo. E’ così?

"Esattamente. Una cosa del genere non deve accadere mai più. Non auguro a nessuno di provare la nostra sofferenza".

Senta, quali sono le immagini legate a Mattia che tornano più in mente a lei e a sua moglie Paola?

"Sono tante, perché il nostro unico figlio era la nostra luce. Ci sono, però, due scene contrapposte che ricorrono con maggior frequenza: quella della sua nascita, a cui ho assistito, verso le 3 del mattino del 4 novembre 2003 all’ospedale di Fano, tenendo la mano di Paola; e poi l’assurda notte dell’8 dicembre 2018, quando io e mia moglie siamo arrivati davanti alla Lanterna Azzurra e abbiamo visto stesi sull’asfalto sei corpi coperti da teli bianchi. Sotto uno di quei teli c’era anche il nostro Mattia".