REDAZIONE FANO

Dai banchi al mare, la missione della prof fanese a bordo della nave di Emergency

Elena Damiani, insegnante del Polo 3, ha passato un mese delle sue ferie sulla Life Support di Emergency. Salvati 178 migranti: “Ho visto la vita nei loro occhi”

La professoressa Elena Damiani volontaria sulla Life Support di Emergency

La professoressa Elena Damiani volontaria sulla Life Support di Emergency

Fano, 12 settembre 2024 – "Perché lo facciamo? Perché sentiamo che c’è una mancanza da parte della politica se tante persone muoiono nel Mediterraneo". Elena Damiani, 57enne fanese insegnante del Polo 3, ha passato un mese delle sue ferie come volontaria a bordo della Life Support di Emergency, la nave umanitaria che in due anni ha salvato 2222 persone. "Sono una volontaria di Emergency da 12 anni - racconta - e ho partecipato a tanti progetti sia nelle scuole che nei poliambulatori che offrono assistenza".

Quando quest’anno Emergency ha aperto per la prima volta i portelloni di Life Support anche ai volontari, la Damiani (che nel 2016 ha fatto anche esperienza in un campo profughi a Idomene, quando la Macedonia chiuse le frontiere ai migranti) non ha perso l’occasione di essere una delle prime a fare questo tipo di esperienza. "E’ stata invasiva, faticosa, totalizzante e bellissima - dice tradendo l’emozione -. Sento una grande nostalgia e penso sempre a quando potrò tornare. Devo ringraziare la mia dirigente scolastica e tutti i colleghi che mi hanno permesso di vivere quest’esperienza che spero di poter raccontare ai ragazzi per avvicinarli al volontariato, di qualunque tipo e non per forza così estremo".

Dal 1 luglio al 3 agosto la Damiani è stata imbarcata sulla nave mercantile di Emergency, nel Mediterraneo. "Si pensa al Mediterraneo come un immenso cimitero ed è vero - prosegue -, ma io vedo nel Mediterraneo la speranza che possiamo dare. Ho visto la vita negli occhi delle persone che abbiamo salvato. Tutti ragazzi giovanissimi, che hanno sogni e speranze. Quei 4 giorni che stanno a bordo con noi, dal salvataggio allo sbarco in porto, sono giorni di felicità: si sentono salvi e sono convinti che i sogni si possano realizzare, perché quello di arrivare in Europa si è realizzato. Non sanno però quello che ancora li attende. Nelle nostre scuole abbiamo difficoltà a trovare una gioventù così ed è un’altra tragedia, vedere adolescenti senza sogni, che non sanno cosa gli piace fare".

Ha partecipato a due missioni successive la Damiani. Nella prima ha contribuito a portare in terraferma 178 migranti. Nella seconda altri 47. "Servono circa 28 persone per una missione - racconta - 9 sono dell’equipaggio, poi ci sono i vari team: soccorso in mare e medico, che sono professionisti stipendiati. E ospitality. Io ero in quest’ultimo e mi occupavo della preparazione dei pasti. Prima invece sistemavo la barca, mi prestavo a fare la naufraga nelle esercitazioni dello staff e preparano i kit accoglienza: una borsina con una bottiglietta d’acqua, asciugamano, spazzolino, tuta, maglietta e sandali… perché arrivano tutti scalzi". Tutto quello che si fa in mare è finalizzato all’accoglienza. "Nel primo salvataggio c’erano 7 bambini, 6 donne e un uomo amputato con le stampelle, della Siria, gli altri tutti ragazzi giovanissimi del Bangladesh e Pachistan. Sono state ore di fuoco con altri due salvataggi sulla rotta del ritorno. Spesso arriva la guardia costiera libica durante i recuperi: guardano, contano poi se ne vanno…. il problema è che le persone in transito si spaventano perché ci sono storie terribili di chi ha fatto quel pezzettino tante volte e la guardia li ha riportati indietro".