Fano, l'omaggio della Carifano a Giuseppe Papagni

La Fondazione inaugura una antologica sul Maestro in occasione dei suoi ottanta anni

Giuseppe Papagni

Giuseppe Papagni

Fano (Pesaro e Urbino) 19 giugno 2020 - È ricca di significati la personale di Giuseppe Papagni dal titolo “Fragili” che si apre sabato 20 giugno (orario 17,30 - 19,30 fino al 30 giugno e poi 21 - 23 fino al 2 agosto, lunedì chiuso, ingresso libero) a Palazzo Bracci Pagani, sede della galleria d’arte moderna della Fondazione Carifano.

Con questa mostra antologica l’artista fanese, nato ad Ancona 80 anni fa ma di origini venete, ripercorre tutta la sua intensa e convinta esperienza artistica (allievo di Giorgio Morandi e molto legato ad Alexander Calder) che l’ha portato in giro per l’Italia e per l’Europa, ma mai compiutamente ed esaurientemente nella città di adozione, quella Fano che l’ha visto insegnante, restauratore, scrittore, conferenziere, organizzatore di iniziative artistiche come le tante sculture sparse per la città, a volte, purtroppo, prese di mira perché non capite a causa di un “gap“ culturale che non si colma solo con la buona volontà.

Giuseppe Papagni, scultura (dettaglio)
Giuseppe Papagni, scultura (dettaglio)

Grazie alla Fondazione Carifano, finalmente Fano riconosce a Papagni la fatica, la passione, l’amore che l’artista vi ha speso in questi ultimi decenni di attività culturale, come ha ricordato Carlo Bruscia che insieme a Gesine Arps (artista amica di lunga data di “Peppe”) ha curato l’allestimento delle 100 opere esposte. Significativa, a questo proposito, è la presentazione scritta dal prof Alberto Berardi, sulla simbologia delle opere dell’artista, fragili e volatili come la nostra vita.

"Papagni lo sa bene, perciò affronta il problema dei problemi. Egli ha sempre saputo – scrive Alberto Berardi nel catalogo della mostra – che “siamo fatti della stessa sostanza dei sogni”. Le sue sculture hanno infatti la stessa consistenza. Un soffio, “un soffio caldo” perché consapevolmente compartecipe. Esse non possono essere giudicate con il semplice metro estetico. La misura è quella esistenziale anche se non è per caso che formalmente sono inappuntabili. Il motivo è semplice, Papagni è nato artista e sa dare corpo al vento. Attendevamo da tempo questa mostra per fare un segno nel nostro e suo cammino e verificare quanto manca per toccare la meta. A lui dobbiamo essere tutti grati perché pur confrontandosi con una pluralità di materiali non ha mai tradito la sua missione, quella di ogni vero artista: l’amore per la verità e ci ha quindi aiutato a vivere".

Peccato che Berardi non abbia fatto in tempo a vederla; la mostra si doveva aprire prima dell’emergenza Coronavirus e da allora molto è cambiato. La mostra già pronta è rimasta “ibernata“ a Palazzo Bracci Pagani e Berardi è morto.

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Papagni è un artista che ha riempito il vuoto, quello fisico e quello dell’anima, con la leggerezza delle creazioni, intrise di simboli esoterici, di richiami alle filosofie orientali, di vibrazioni che scuotono l’aria. "L’interazione tra opera e spazio è evidente – scrive Luisa Fontebuoni – un dialogo continuo e costruttivo, appena un debole flusso di aria muove queste sculture come per suggerirci il senso di precarietà della nostra esistenza, ne sono esempi le forme di vele antropomorfe o fasciate".

Scultura di Giuseppe Papagni
Scultura di Giuseppe Papagni

Accademia delle Belle Arti a Venezia, restauri alla Ca’ d’Oro, Papagni "è una figura che attinge la sua creatività all’ambiente artistico veneziano – dice Carlo Bruscia – che lo porta ad ottenere risultati straordinari in un balletto di oggetti, opere filiformi e slanciate come esistono nel mondo creativo del grande maestro Fausto Melotti. Si riscontra un fascino della ritualità e del mito, emergenti da quei territori dello spirito dove il senso di leggerezza o dell’evanescenza si fonde nell’eterno rapporto tra anima e materia, nell’intento di cogliere nell’arte una vera e propria modalità alchemica". Valerio Volpini, Armando Ginesi, Claudio Giardini, Gianni Volpe e altri hanno speso parole sincere per questo autore che ribadisce: "tutta l’opera d’arte è metafora della vita".