"Giustizia per Huub: per ottenerla, andrò fino alla Corte di Strasburgo"

La battaglia di Gioia Bucarelli, insegnante a Fano: tre anni fa il suo compagno morì travolto dal rimorchio sganciatosi da un camion

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di Tiziana Petrelli

"Non capisco come si possa negare un processo ad una persona a cui è stata negata la vita. Ma non mi arrendo. Ci rivolgeremo alla Corte Europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo". Da tre anni si sente come sospesa in un limbo di dolore Gioia Bucarelli, 55enne insegnante del Polo3 di Fano. E’ una donna che cerca disperatamente (e al momento inutilmente) giustizia per il suo compagno morto, vittima della strada e del lavoro. Giovedì pomeriggio questa vedova ha visto morire per la seconda volta il suo uomo, quando la Gip Sonia Piermartini (del Tribunale di Ancona) ha accolto l’archiviazione presentata dal Pm Marco Pucilli per i titolari della società proprietaria del rimorchio che il 23 marzo 2019, staccandosi da un loro autocarro, ha travolto e ucciso Huub Pistoor, ingegnere elettronico cittadino olandese e suo compagno di vita.

"Non posso accettare che non si vada a fondo nella ricerca della verità - dice con amarezza -. C’erano tutti gli elementi per istituire un processo già tre anni fa, non capisco perché sia stato negato quando in Italia si fanno anche solo per un’offesa verbale. Fin dall’inizio non c’è stata la volontà di approfondire, si è scaricata la responsabilità sul povero autista che è l’unico che non c’entrava nulla. La Gip nel rigettare la nostra richiesta scrive che è molto plausibile, e lo ripete tre volte, che la carenza di manutenzione e la vetustà dei mezzi abbiano causato la tragedia. Ma dopo tre anni non si può dimostrare". Sono tante le vite che si sono interrotte nel momento esatto in cui Huub è morto. Quella della madre che ha perso un figlio, quella della figlia 20enne che ha perso un padre e quella di Gioia.

"Noi ci siamo conosciuti in età matura - racconta - e abbiamo avuto un amore importante. Avevamo tanti progetti. Per me è stato perdere una prospettiva di futuro, mi sento mutilata. Non avrei mai immaginato di vivere una storia simile, sono notizie che si ascoltano in tv con incredulità e non pensi che possano accadere davvero". Non riesce a darsi pace Gioia, perché "nella nostra vita si sono materializzate due delle cose che lui temeva di più - prosegue -. Lui amava tantissimo questo Paese, ma si rendeva conto che c’erano delle carenze. Mi chiedeva sempre: come mai in Italia c’è molto rigore per questioni banali e tanto lassismo per le cose serie? Come mai qui non si riesce ad ottenere giustizia per le vittime? E’ stato come un presentimento, inquietante". Crede che avere giustizia poteva essere un modo per chiudere un cerchio e iniziare un cammino. "Invece sono costretta a rimuginare continuamento su quello che è accaduto. E’ diventata una questione di principio e andremo avanti non solo per noi ma per tutte le vittime di due piaghe italiane gravi, di cui non si vuole prendere coscienza fino in fondo". Lo fa anche per i suoi studenti, la prof Bucarelli. "Come possiamo insegnargli a credere nelle istituzioni? Quando Huub è morto, sono stati i miei ragazzi di quarta ad aiutarmi. Tra l’altro qualche mese prima era accaduta la tragedia di Corinaldo ed eravamo tutti colpiti. Alcuni ieri mi hanno scritto ‘non abbiamo parole, come si fa a credere nella giustizia?’ Hanno vent’anni".