La musica nei campi di sterminio

Scandiva con sofferenza i momenti della giornata dal risveglio alle 4.30 del mattino fino a prima di dormine

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Oggi la musica viene usata come forma d’arte, perché è piacere, tranquillità, magia. Fa bene al cuore e all’anima, costituisce un rifugio, unisce le persone ed è capace di esprimere sentimenti. Ma come può una cosa così bella essere anche un’arma di distruzione? Difficile da credersi, eppure è così. Se usata male, la musica può provocare dolore, tristezza e rancore. Questo accadde nel secolo scorso, quando è stata usata come ulteriore mezzo di annientamento psicologico degli ebrei da parte dei nazisti. Infatti durante questo periodo la musica era impiegata frequentemente nei campi di sterminio. Il suono e la musica erano sempre presenti nei campi di concentramento fin dalle prime ore del mattino, quando verso le 4.30 i deportati venivano svegliati dal rumore forte e fastidiosissimo di un tubo d’acciaio percosso da uno più piccolo. Dopodiché nel tragitto tra le baracche e le zone lavorative, un tamburo scandiva il tempo di marcia dei prigionieri. Al rientro dai lavori forzati, stanchi, sfiniti, gli ebrei dovevano marciare al ritmo di una delle canzoni più utilizzate dai nazisti, Rosamunda.

La musica di questa canzone è vivace, allegra, il ritmo della polca invoglia, in condizioni normali, al movimento, al ballo, ma ciò era un carico che si abbatteva sui corpi indeboliti dalla fatica e dalla fame. Una musica melodica accompagnava i deportati nei momenti che precedevano il sonno e ciò allo scopo di evocare ricordi struggenti, affetti, momenti piacevoli di una precedente vita familiare perduta per sempre. La sofferenza di queste persone veniva ulteriormente acuita. Nei campi di concentramento erano presenti le orchestre, delle bande musicali formate da prigionieri che avevano capacità nel suonare gli strumenti.

Loro non avevano accesso ai lavori forzati e per questo erano odiati dagli altri prigionieri. Ma le proprie condizioni non erano affatto buone: suonavano 17 ore al giorno senza fermarsi. Potevano essere richiamati a qualsiasi ora del giorno e della notte per suonare qualcosa; e se lo spettacolo non era gradito, le sentinelle erano autorizzate ad ucciderli. I loro strumenti non venivano aggiustati: quando uno strumento si rompeva, il musicista non serviva più e veniva ucciso o inviato ai lavori forzati. La banda suonava in quasi tutte le occasioni, anche quando le persone venivano portate nelle camere a gas o un fuggitivo veniva riacciuffato. La musica veniva usata anche per comunicare con le persone che si trovavano fuori dei ghetti, o in padiglioni diversi.

Classi III A e III B