
Uno degli ’incendi’ firmato da Parente Fireworks; Romualdo Parente, scomparso nel 2021, con i figli Antonio, Davide e Claudio
Ferrara, 30 dicembre 2024 – Si chiama Antonio, Antonio Parente, proprio come il nonno. E’ la sua una famiglia dei ‘fuochi’, quelli artificiali, generazioni cresciute nel riverbero di bagliori e botti, polvere da sparo e artifici. Saranno loro ad illuminare il cielo, ad appiccare la miccia all’incendio nel Castello. E questa volta avranno ai loro piedi migliaia di persone, 30mila più o meno. L’ultima volta che da lassù avevano guardato in basso, ai loro piedi Ferrara era una distesa di silenzio. Capodanno 2021, chi poteva stava alla finestra. “Impressionante”, ricorda bene Antonio. C’era il Covid19, i loro fuochi nel deserto della città volevano essere un simbolo della rinascita, come la preghiera del Papa solo in mezzo ad una piazza che sembrava ancora più grande. Non fu così, ci furono altri morti, ospedali e dolore. Come quello per la perdita del padre Romualdo Parente, il signore dei fuochi, scomparso per il Covid a marzo del 2021. Adesso sono tornati, per 15 minuti che loro annunciano indimenticabili.
Chi sono
Le origini della ’Parente Fireworks’ risalgono alla fine del diciannovesimo secolo quando il fondatore della famiglia di pirotecnici Romualdo Parente, originario della provincia di Foggia, decise di intraprendere questa attività allestendo spettacoli per processioni ed eventi religiosi. La prima vera fabbrica risale all’inizio del 1900. Dopo una pausa durante la prima guerra mondiale Romualdo ricominciò l’attività insieme ai sette fratelli, creando una delle più grandi fabbriche pirotecniche del Sud Italia. Nel 1951 il figlio Antonio lasciò il Sud per trasferirsi a Melara (Rovigo, Veneto) e nel 1956, con l’aiuto dei suoi due figli Augusto e Romualdo, costruì quella che è l’attuale fabbrica. Antonio Parente ora porta avanti l’azienda insieme ai fratelli Davide e Claudio. Cinque generazioni, il prossimo anno il traguardo dei 120 anni dell’azienda che è tra le più grandi d’europa.
“La paura più grande? La nebbia”
Non c’è più il Covid ma un altro incubo li tormenta nel sonno. “La nostra più grande paura? La nebbia. Rovina tutto. Il luccichio si perde dietro quella tenda sporca, i suoni, la musica si appiattiscono, i fiori che scoppiano in cielo scompaiono alla vista, vengono inghiottiti. Speriamo che non ci sia nebbia, speriamo veramente”. Non solo loro. Ad incrociare le dita il Comune, gli organizzatori dello spettacolo, tutti quelli che hanno lavorato perché siano 15 minuti indimenticabili. “Stiamo lavorando da giorni perché tutto sia perfetto. Non è facile allestire i fuochi su una struttura così particolare come il castello. Verranno proposti brani emozionati, che sappiamo coinvolgere”.
Attorno gli scoppi, esplosioni, annuncio di un anno nuovo, ultimo saluto al vecchio che se ne va. Luci e musica. Al lavoro ci sono una ventina di persone, in quei corridoi, passaggi dove hanno già lavorato per una ventina d’anni. Fino all’ultimo boato, quello sotto il cielo del Covid. “Facciamo spettacoli in tutta Europa, in tutto il mondo, i paesi arabi tra i nostri maggiori clienti”, racconta. Non offrono solo show. “Vendiamo anche i nostri fuochi artificiali, il made in Italy dei botti. L’Italia è un dei paesi più forti in questo settore, con la Cina e il Portogallo. Paesi dalle grandi tradizioni”.
Tradizioni esplosive
Il sibilo, il botto, il fuoco che si apre a fontana squarciando il cielo di Ferrara, lassù, sopra il Castello. Da quando hanno lasciato il sud, la loro Melara è diventata capitale dei ‘foghi’, come dicono in Veneto. Sono una cinquantina a rimboccarsi le maniche a pieno regime. Parente non vuole anticipare niente, i dettagli se li tiene per se, li vuole conservare intatti per quei 30mila gli occhi al cielo, le pause inizio di una nuova esplosione. “Ci sarà da divertirsi”, dice. Anche se la nebbia fa paura.