Alessia e il viaggio in Iran tra idealismo e solidarietà

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Gentile lettore, pur riconoscendo nelle scelte di taluni viaggiatori idealisti una certa dose di ingenuità - se decidi di girare il mondo non puoi ignorare le difficoltà e i rischi, anche gravi, che incontri in certe aree del Globo - le sue argomentazioni mi lasciano perplesso. Non è il suo caso - la sua lettera usi toni civili - ma sulla vicenda di Alessia Piperno, la 30enne romana, blogger e viaggiatrice, che è stata arrestata a Teheran e che, solo, dopo giorni di silenzio è riuscita a telefonare ai suoi genitori, ho letto sui social commenti talmente squallidi che la mia perplessità iniziale (perché si è infilata in Iran nel pieno del caos senza le dovute cautele?) ha subito ceduto il passo a un sentimento di umana solidarietà, rafforzando in me la speranza che questa giovane italiana venga immediatamente liberata e rimpatriata. E’ una storia che si ripete e che rafforza la mia convinzione che i social siano un coacervo del peggio dell’umanità. Era successo per Silvia Romano, la cooperante milanese rapita in Kenya nel 2018, per Simona Pari e Simona Torretta, le due cooperanti rapite nel 2004 in Iraq e perfino per Giuliana Sgrena, la giornalista del Manifesto, rapita dai jihadisti a Baghdad. "Se la sono cercata", "si paghino da sole il riscatto" e altre amenità. I cosiddetti ’leoni da tastiera’ giudicano e sentenziano, quasi sempre senza aver letto gli articoli di giornale. Ma soprattutto senza conoscere storie e persone.