Carife, la Corte di Giustizia riapre la ferita

Aiuti di Stato, per l’avvocato generale la Commissione Ue non doveva proibirli. Analogamente a Tercas l’istituto cittadino poteva salvarsi

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di Stefano Lolli

Sono passati cinque anni dall’azzeramento di Carife e, con essa, dei risparmi di quasi 30mila ferraresi. Una ricorrenza (il ‘decreto salvabanche’ risale al 22 novembre 2015, ma è divenuto drammaticamente operativo nei giorni successivi) che non è solo emblematica di un trauma, economico e sociale, per la provincia. Appare sempre più come una beffa, di fronte all’ultima notizia che arriva da Bruxelles. Evgeni Tanchev, l’avvocato generale della Corte di Giustizia europea, ha infatti stabilito che l’intervento del governo italiano a sostegno di Banca Tercas non era un aiuto di stato.

Per chi ha appena un po’ di memoria della vicenda, il collegamento tra la banca di Teramo e la nostra Carife è semplice. Come per la Cassa di Risparmio di Ferrara, infatti, il sostanziale intervento di salvataggio venne promosso dal Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi; lo stesso Fitd che, l’anno successivo alla vicenda Tercas, deliberò l’erogazione di un maxi finanziamento da 300 milioni di euro per salvare, letteralmente, la banca ferrarese. Recependo le indicazioni emerse dall’assemblea dei soci che, nel luglio 2015, accettò la drastica riduzione del valore delle azioni, pur di consentire l’operazionee di salvataggio e di possibile rilancio.

Ma torniamo all’oggi. Perché il pronunciamento del 67enne giurista bulgaro, pur non potendo riscriverne la storia, è tanto rilevante per Carife? Perché pur parlando (all’apparenza) solo di Tercas, fissa il punto che la Commissione Europea, nell’impedire l’intervento del Fondo Interbancario nel salvataggio anche di Carife e delle altre banche – Carichieri, Popolare dell’Etruria e Banca Marche –, commise un errore fatale. Causando un danno enorme all’Italia, al suo sistema bancario, ma soprattutto a decine e decine di migliaia di risparmiatori. Una frittata, parlando solo di Ferrara, che può essere stimata in un miliardo di euro circa (tra titoli azzerati, taglio del personale, dismissione di sedi e sostanziale annullamento della stessa Fondazione). E il cui rimedio, tardivo, lentissimo e parziale, è affidato ora solo all’iter dei rimborsi da parte del Fir (Fondo Indennizzi Risparmiatori) per gli azionisti, e da parte del Fondo Interbancario ai possessori di obbligazioni subordinate.

Il nodo Tercas, tuttavia, era ben presente. Faceva riferimento a quella vicenda, che ora si avvia alla clamorosa conclusione, anche l’ex sindaco Tiziano Tagliani nella lettera inviata, nell’aprile 2019, al Commissario Europeo Margrethe Vestager: la soluzione per salvare Carife, scriveva Tagliani, "avrebbe dovuto essere sostanzialmente analoga a quella adottata per la Banca di Teramo e sulla quale la recente sentenza della Corte di Giustizia Europea si è espressa, confermandone la legittimità anche sotto il profilo del diritto comunitario, annullando la decisione della Commissione del 23 dicembre 2015 che aveva erroneamente ritenuto che le misure di sostegno concesse a Tercas presupponessero l’uso di risorse statali". La Vestager rispose garbatamente piccata, ma di fatto dribblando il punto. Ora è Tanchev a riportare il pallino in buca. Riaprendo in qualche modo la ferita che, per i risparmiatori ferraresi e l’economia locale nel suo complesso, non si è mai sanata. Carife, pur a quell’epoca una nave in tempesta, avrebbe potuto essere salvata.