"Carife, così gli azzerati possono tentare la strada dei risarcimenti"

Il presidente del Fondo Interbancario, Salvatore Maccarone spiega i dettagli della vicenda Carife e una via d’uscita 30

Salvatore Maccarone, presidente del Fondo interbancario di tutela (Ansa)

Salvatore Maccarone, presidente del Fondo interbancario di tutela (Ansa)

Ferrara, 9 maggio 2019 - Diritto al risarcimento del danno. E’ una nuova strada che molti risparmiatori caduti nel crack Carife potrebbero intentare presso la Corte di Giustizia Europea per i danni derivati dalla chiusura della banca ferrarese. Questo possibile percorso giudiziario è stato ricordato dal presidente del Fondo Interbancario, Salvatore Maccarone, che due giorni fa è intervenuto in Regione nel corso dell’audizione in seduta congiunta della commissione Bilancio ed Economia per rispondere ad alcune domande dai consiglieri regionali ferraresi sulla vicenda Carife.

Presidente, se il Crac di Carife fosse avvenuto oggi che cosa si sarebbe potuto fare?

«Quello che non fu possibile allora. Oggi invece saremmo potuti intervenire perché una sentenza del Tribunale europeo che dice che un intervento del Fondo, come quello all’epoca approvato per Carife, non concreta un aiuto di Stato».

Come mai?

«Dal crac delle quattro banche in cui rientrò Carife ad oggi c’è di mezzo il caso della Tercas, la Cassa di Risparmio di Teramo. Il 19 di marzo è arrivata la sentenza del Tribunale europeo che accoglie il ricorso che facemmo contro un provvedimento della Commissione Ue riguardante un’operazione di salvataggio di quella banca, nella quale la Commissione ravvisò una forma di aiuto di Stato che invece, secondo noi, e ora secondo il Tribunale Europeo, non è configurabile».

Ci spieghi meglio…

«Quello che abbiamo sostenuto di fronte alla Commissione europea è che il Fondo non è un soggetto pubblico, che operi sotto il controllo della pubblica amministrazione; l’autorizzazione da parte di un soggetto pubblico, che è la Banca d’Italia, allora necessaria, era solo parte del procedimento, ma non vincolava in alcun modo la decisione. Per questo motivo insieme allo Stato italiano, la Banca popolare di Bari (l’istituto che rilevò Tercas) e la Banca d’Italia, decidemmo di impugnare il provvedimento presso il Tribunale europeo, che ora ha riconosciuto la fondatezza delle nostre ragioni, creando così un precedente che oggi potrebbe essere usato nel caso in cui ci fosse un nuovo caso Carife».

Con questa sentenza i risparmiatori ferraresi potrebbero dunque fare ricorso?

«Oggi il caso Carife in sé non consente rimedi giudiziari ma, dal momento in cui la decisione del 19 di marzo sarà passata in giudicato, si aprirà una nuova strada: quella del diritto al diritto al risarcimento del danno da parte dei soggetti danneggiati da un provvedimento della Commissione che oggi la giustizia europea ci dice essere non conforme alle norme in materia di aiuti di Stato. Si tratta di una strada complessa, ma tuttavia esiste».

Perché difficile?

«Perché è necessario dimostrare il nesso di causalità diretto fra il fatto che la Commissione europea violò la norma, ritenendo che il nostro intervento concretasse un aiuto di Stato, e il danno creato per quella violazione».

Presidente perché tutto questo non fu possibile allora anche per Carife?

«Perché il veto dei due commissari Hill e Vestager non fu un vero e proprio provvedimento, ma l’enunciazione di una interpretazione della Commissione, che arrivò il 19 novembre quando mancava un mese e mezzo all’introduzione della nuova procedura: il bail-in, in vigore con il nuovo anno. Le nostre Autorità a quel punto scelsero il male minore per evitare il peggio: la risoluzione delle quattro banche e Carife, una volta escluso il nostro intervento, non fu ‘vittima sacrificale’».

Se lei fosse un ex risparmiatore Carife, dopo il caso Tercas, tenterebbe la strada del risarcimento del danno?

«Dipende dal tipo di risparmiatore, ma i presupposti ci potrebbero essere specie se si procedesse con un’azione collettiva e congiunta con soggetti diversi».