C’era una volta la buona informazione

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Adriano

Facchini*

La digitalizzazione ha reso la comunicazione una successione velocissima di notizie e di informazioni. L’essenza o la tipologia dei fatti contano poco: in specie sul web, l’importante è ‘bombardare’ di dati che spesso però, a un occhio consapevole, appaiono contraddittori o di carattere manipolatorio. Non a caso si parla di ‘infodemia’, ovvero di una metaforica ‘epidemia’ di informazioni prodotte e messe in circolazione in modo capillare attraverso i media tradizionali e digitali, ma in modo eccessivo, tale da generare una paradossale disinformazione. I fatti reali sono distorti con il conseguente rischio di diventare pericolosi per la società e la sua reazione ad essi. Ormai si parla di Phono sapiens, l’uomo del nostro tempo che usa la mano per digitare e si illude in tal modo di scegliere. Siamo passati dalla civiltà del fare, quella della mano che lavora in senso tradizionale, alla civiltà dell’illusione della scelta: il dito sul telefono dirotta le emozioni a proprio piacimento ma "l’assenza digitale di resistenze e l’ambiente smart portano a una carenza di mondo e di esperienze" (Byung-Chul Han, Le non cose, 2022). I phono sapiens si fanno sempre più gregge: meno diversità e meno libertà; tanta incapacità di distinguere le verità dalle menzogne. Siamo ancora certi che le verità resistano ai cambiamenti e alle manipolazioni e che prima o poi finiscano in ogni caso per emergere. L’unica strada per affrontare le sfide future consiste nella buona informazione, privata delle fake news e degli attacchi informatici. Come distinguerla da quella cattiva? Innanzitutto sviluppare la coscienza critica delle persone, a cominciare dalle scuole primarie; poi spalleggiare una politica preparata, che sappia accantonare il conflitto permanente nella ricerca di una propria differenziazione. L’informazione, oggi, è forse il bene più prezioso per poter fare scelte consapevoli, per salvare non solo la democrazia ma la specie umana dall’autodistruzione. ‘Comunicare’ del resto significa ‘rendere partecipi’, un’azione spesa a beneficio comune e non per il singolo interesse.

*agronomo e studioso

di scenari futuri