"Coronavirus, bassa incidenza a Ferrara? Influisce il micro-clima"

L’analisi dello pneumologo del Sant’Anna Marco Contoli, docente di Unife: "Malaria e talassemia tra le possibilità dello scarso contagio? Non solo"

Marco Contoli è docente di Unife e pneumologo al Sant'Anna

Marco Contoli è docente di Unife e pneumologo al Sant'Anna

Ferrara, 1 aprile 2020 - Ferrara caso scuola. Dopo le dichiarazioni del commissario regionale per l’emergenza pandemia Sergio Venturi relativamente alla nostra città, indicata come «la meno colpita dal Covid-19 rispetto a tutte le altre zone dell’Emilia Romagna», abbiamo cercato, assieme al pneumologo e docente di malattie dell’apparato respiratorio a Unife, Marco Contoli, di capirne il motivo

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Professore, si ipotizza che nel nostro territorio l’incidenza del virus sia stata meno muscolare per via del fatto che sia zona malarica e con pazienti soggetti a talassemia. E’ plausibile? «Sono ipotesi plausibili ma sono comunque ancora da dimostrare. Ci tengo a dire in ogni caso che ci sono due aspetti da prendere in considerazione: da un lato la letalità del Coronavirus sui pazienti, dall’altro l’incidenza. Il primo dato non è molto dissimile dalla media regionale, mentre l’oggetto dello studio è legato ai bassi valori di incidenza. C’è da dire che tanti fattori possono concorrere a creare questo tipo di condizione».

Ad esempio? «Il Coronavirus è una malattia che si trasmette per contatto tra le persone e colpisce i pneumociti. Paradossalmente colpisce maggiormente i non fumatori rispetto ai fumatori. Quindi, considerando la nostra zona, il nostro clima, con la forte presenza di nebbia, è possibile che si siano create delle barriere che abbiano impedito al virus di attecchire. Poi, c’è una considerazione di carattere clinico da fare: molti dei nostri anziani sono colpiti da patologie conclamate che prevedono l’assunzione ad esempio di farmaci per tenere controllato il livello della pressione o antinfiammatori. Anche questo potrebbe essere un fattore che ha determinato la bassa incidenza del Covid-19. Comunque, specie nelle modalità di trasmissione, ci sono alcune divergenze importanti tra coronavirus, malaria e talassemia».

Quali? «La talassemia è una patologia che interessa le cellule del sangue. La malaria non ha un contagio aerogeno come invece accade per il Covid. Insomma, sono tutte ipotesi ancora al vaglio. La cosa che davvero ha funzionato in questa città è stato il contenimento. Ad ogni modo, un altro fattore che dovrà essere studiato è l’esposizione pregressa a tubercolosi. Il nostro territorio, in passato, non fu solo soggetto a malaria, bensì dalla tubercolosi. L’alta endemia tubercolare potrebbe essere un elemento concorrente a determinare questa resistenza. Questo elemento ca valutato anche in ottica di sviluppare una vaccinazione di contrasto al Coronavirus».

Secondo lei le misure restrittive adottate a partire proprio da Unife sono state determinanti per contenere il virus? «Assolutamente si. Credo che Ferrara da questo punto di vista abbia risposto in maniera egregia. La decisione di chiudere ad esempio Unife, da subito, ha evitato che gli studenti creassero assembramenti. Poi, c’è un altro dato che va considerato e che in qualche modo differenzia Ferrara da altre realtà. Anche dal punto di vista produttivo, c’è dire che abbiamo una rete industriale composto da piccole imprese. Isolando da subito i contatti, abbiamo tamponato molto la diffusione del virus».

Dunque, a suo giudizio, quali sono ora i passi avanti da fare qual è l’effettiva motivazione della scarsa incidenza del Covid-19 nel nostro territorio? «La mia speranza è che si possa fare luce su questo punto partendo da dati di realtà che poggino il più possibile su un’analisi dettagliata di tutti i fenomeni che possono in un certo qual modo contribuire a questa evidenza. Ora si dovrebbe procedere alla costituzione di un maxi team di professionisti con competenze diverse, che possano dedicarsi allo studio della diffusione del virus».