Dodici cambi di proprietà dal dopoguerra

Restano scolpiti nella storia i 16 anni nella massima serie e i 29 complessivi di Paolo Mazza. Dopo di lui Giovanni Donigaglia il più longevo

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Quanta storia, sotto i ponti della Spal! Joe Tacopina sarebbe il dodicesimo proprietario della Spal nel dopoguerra, e il primo non italiano, anche se le origini dei suoi genitori portano a Roma da parte di padre e a Montelepre da parte di madre. Entrerebbe così in un club più che ristretto, dal momento che si parla di un lasso di tempo di 76 anni.

In principio fu Edmondo Bucci: non esattamente un proprietario, ma il primo presidente a gestire la ricostruzione post-bellica. Ma già nel 1947 era iniziato il regno del vero Numero Uno della storia della Spal, quel Paolo Mazza cui, dopo sedici anni di serie A, venne intitolato lo stadio. Il Drago lasciò nel 1976, ormai 75enne, e Primo Mazzanti raccolse con gli altri “giovani leoni” Rossatti, Cocchi e Giacomelli una eredità pesantissima, resa ancor più gravosa da una immediata retrocessione in serie C. Tra alti e bassi, la sua gestione si chiuse nel 1985.

Mazzanti vendette al primo non ferrarese: il calcio stava cambiando e le società iniziavano ad allettare al di fuori della provincia di appartenenza. Toccò al milanese ex interista Francesco Nicolini, e anche la sua si rivelò una esperienza molto contrastata, che si concluse con la discesa in C2 e l’addio nel 1989.

Gli subentrò il ferraresissimo Albersano Ravani, che durò un anno appena e cedette a Giovanni Donigaglia, padre-padrone del colosso Coop Costruttori. L’argentano tenne la società dal 1990 al 2002, secondo solo a Mazza per durata: inizio folgorante con doppio salto dalla C2 alla B, poi subitanea retrocessione e anni ruggenti sino al ritorno in C2 e infine alla risalita con Gianni De Biasi. Quando la cedette all’ex presidente del Cosenza Giovanni Pagliuso, nel 2002, era in terza serie, dove rimase tre anni sino al crac del 2005.

La Spal ripartì dalla C2 con il costruttore Gianfranco Tomasi, che nel 2008 lasciò al lucchese Cesare Butelli. Subito ripescato in categoria superiore, il titolare di Trasea la portò a un secondo fallimento, questa volta ancor più umiliante perchè la squadra era anche retrocessa in C2 e dovette quindi ricominciare dalla D, da un campionato dilettantistico che mai nella sua storia la società aveva subìto. La raccolse Roberto Benasciutti nel 2012, e dopo un anno la cedette ai Colombarini per 300mila euro. Il resto è storia di oggi: subentro al titolo della Giacomense in C2, tre promozioni in quattro anni fino alla serie A, tre stagioni al massimo livello e ora la B.

Molti di più sono stati i presidenti, perché è spesso capitato che il soglio papale finisse sulle spalle di figure diverse dall’azionista di maggioranza. Soprattutto avvenne negli anni magri, in cui i soldi finivano. Non è il caso di Walter Mattioli, number one dei Colombarini sin dall’inizio. Ma ci furono anche Guzzinati e Manni sotto Donigaglia, e Rossatti in tandem con Nicolini, Cipollini presidente “tecnico” per Nicolini e Lino di Nardo nei tre anni di Pagliuso. Con Tacopina, le due cariche sono destinate a riunificarsi di nuovo.

Mauro Malaguti