Ferrara, feto scomparso. Indagati cinque medici

Le dichiarazioni del sacerdote sul presunto collegamento con la massoneria sono al vaglio del giudice

Il fatto risale a quattro anni fa (Foto d’archivio Ansa)

Il fatto risale a quattro anni fa (Foto d’archivio Ansa)

Ferrara, 6 luglio 2018 – Due piccoli feti venuti alla luce prematuramente alla 23esima settimana e un’inchiesta che va avanti da quattro anni con cinque medici indagati degli ospedali di Cento e Cona. Quattro ginecologi e un neonatologo, iscritti a vario titolo per interruzione di gravidanza e omissioni d’atti d’ufficio legati anche ad una presunta scomparsa di un feto. Una vicenda che ora si arricchisce di un nuovo, inquietante, capitolo dopo il deposito di una memoria dell’avvocato Federico Donegatti per la parte offesa, una ferrarese di 45 anni: ovvero la chiamata in causa della Massoneria da parte di un sacerdote.

Il fatto. Una storia drammatica, nata nel 2014 con una gravidanza difficile, sfociata nella disperazione per la perdita prematura di quelle che sarebbero state due belle gemelline, rimaste piccoli feti venuti alla luce il 14 e 18 novembre. Il primo, dopo l’autorizzazione del padre, cremato e portato in Certosa. Il secondo sparito. Amsefc, con una nota del 29 luglio 2015, parlerà di «ritiro di un solo feto indicato come partorito dalla donna». Cinque medici indagati e accusati pure di presunte omissioni nel conservare e trasmettere i certificati «di espulsione di prodotto abortivo o di concepimento» per ottenerne «le necessarie autorizzazioni al trasporto e allo smaltimento». Serviranno ben cinque consulenze, con due pm che si alterneranno, fino alla richiesta di archiviazione datata 8 gennaio 2018 perché, a provocare tutto, sarebbe stata un’infezione «non prevenibile e prevedibile, perciò non diagnosticabile». Per le presunte omissioni, invece, «l’età gestazionale – così la procura – e le condizioni di morte al momento della nascita, non lasciano spazio per ipotizzare il reato in questione». La famiglia impugna la volontà di ‘chiudere’ della pubblica accusa e il 24 maggio scorso la causa viene discussa davanti al gip Danilo Russo in un’udienza di fuoco. Il motivo scatenante? Una memoria delicatissima che il legale aveva depositato appena cinque giorni prima.

Massoneria. Quattro pagine, con allegata una chiavetta Usb contenente un’audioregistrazione di circa un paio d’ore tra la mamma della 45enne e un sacerdote della Curia estense il quale, dialogando della tragica vicenda, parla di un presunto coinvolgimento della Massoneria ferrarese, «aggiungendo – si legge nella memoria – che fatti di sottrazione di minori ad opera della stessa, sarebbero intervenuti molte volte negli ultimi anni a Ferrara». Perché, «succedono cose strane a Ferrara». Le affermazioni poi si fanno più esplicite laddove invita la donna «a trovarsi un buon avvocato che faccia luce sul caso... ci sono troppe cose gravi in questa vicenda... se fossero morte ci sarebbero al cimitero, ma non è così. Qui c’è la Massoneria». Parole, chiarisce l’avvocato Donegatti, «non dette in confessionale, bensì in una stanza normale». E per «confermare o fugare ogni dubbio in ordine ad una possibile tratta di minori o sottrazione di feti», continua la memoria, il difensore invita il giudice a sentire a sommarie informazioni il sacerdote «per avere delucidazioni». «Vediamoci chiaro – chiude l’avvocato, interpellato dal Carlino –, la vicenda è molto pesante».