"Guardiani del Delta contro i bracconieri"

Il gruppo Eurocarp Club di San Giuseppe attivo nel contrasto dei predoni ittici, adotta la croce inventata da Antonio Romagnoli

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È stata il simbolo della Sagra dell’Anguilla, un gioiello da portare al collo, il tema di un concorso fotografico, un totem che alcuni hanno appeso al muro del proprio locale e oggi, la ‘Croce Guardiana del Delta’ è il tatuaggio a tutto braccio scelto da Christian Forlani, 50 anni, presidente di Eurocarp Club, associazione antibracconaggio ittico di San Giuseppe, iscritta a Fips (Federazione italiana pesca sportiva), che in pochi anni ha raccolto l’adesione di 170 persone. Forlani l’ha adottata in modo indelebile sul filo di un’ ispirazione. "Mi ha ricordato la Camargue e, per assonanza, la nostra terra – racconta – solo in un secondo momento ho conosciuto il suo ideatore, Antonio Romagnoli e ho saputo qualcosa di più rispetto a questo simbolo stilizzato dall’autore". Fiume, mare, terra, uomo e pesce, la sintesi del Delta di Romagnoli è stata arricchita, racconta Forlani, dalla frase latina ‘Nemo me impune lacessit’. "Significa ‘nessuno mi sfida impunemente’ ed è riferita al Po, al grande fiume, uno dei cardini della nostra idendità: ho preso in prestito il motto delle Guardie Scozzesi perché si sposa con la volontà di preservare ciò che la natura di casa nostra ci offre. Mi piacerebbe che la croce fosse ricamata sulle felpe degli associati, a mio avviso ne rappresenta lo spirito, insomma ci sentiamo un po’ i suoi paladini".

Nata nel 2006 dall’iniziativa di un gruppo affiatato e amante della pesca quanto dell’ambiente, Eurocarp club ha sempre ritenuto i pescatori di frodo un pericolo per l’estesa rete di canali della provincia. Motivo: la rapina costante del pesce muta gli equilibri ittici e compromette l’habitat. "Per arginare il fenomeno abbiamo cominciato da volontari a collaborare con le forze dell’ordine locali e nazionali – racconta – guardiamo ai nostri canali come a un patrimonio da difendere e valorizzare, se solo ci fossero stati i giusti servizi, la pesca sportiva sarebbe diventata un garofano all’occhiello di eco internazionale, non dimentichiamo che in passato eravamo meta frequentata dai pescatori inglesi". I turisti della canna da pesca sono spariti, in compenso è sopraggiunto il mercato nero del pesce d’acqua dolce venduto soprattutto in Romania. "Abbiamo dato il nostro contribuito all’esito positivo dell’operazione che ha portato alla chiusura dei magazzini clandestini di stoccaggio del pesce trovati a Goro", spiega. Un tributo alla tutela della natura, ricorda, supportato anche da un’opera d’informazione di matrice universitaria attraverso la quale, proprio in Romania, si è cercato di scoraggiare l’acquisto del pesce rubato a casa nostra. Non è tutto. "Grazie al dialogo maturato in questi anni con le istituzioni, che garantiscono permessi in giornata, abbiamo potuto restituire all’acqua 23mila chili di pesce recuperato da canali in secca e destinato a morte certa; nel 2020, muniti di stivali, buona volontà e furgone, abbiamo mandato a buon fine 60 recuperi".

Monica Forti