In occasione del Settantanovesimo anniversario degli eccidi del 25 marzo e del 21 aprile 1945 Porotto ha commemorato i suoi dieci martiri con le celebrazioni che si sono tenute ieri ai tre cippi di via Tagliaferri, via Ladino e Fondoreno. Era presente l’assessore al patrimonio Angela Travagli. "Ricordiamo i dieci giovani morti a Porotto – le sue parole – tributo alla memoria di coloro che hanno dato la vita per la nostra libertà, protagonisti dell’epopea resistenziale ferrarese che ingiustamente hanno perso la vita a pochi giorni dalla liberazione dal regime fascista e che si sono battuti per ideali di giustizia, libertà e democrazia. La libertà è quella che è costata vita e sacrifici a tanti giovani. E non possiamo dimenticare i tanti giovani che anche oggi stanno combattendo sanguinose e inutili guerre. Non deve mai essere cancellata la memoria del sacrificio dei nostri martiri, che dobbiamo mantenere viva grazie alla cultura, alla conoscenza e alle nuove generazioni". Come ha ricordato Vanessa Rossetti, presidente del Comitato per la Memoria dei X Martiri, "tra il 24 e il 25 marzo 1945, alcuni partigiani di Ferrara e Bologna che si erano riuniti per pianificare le future azioni di Resistenza, vennero sorpresi - in seguito ad una soffiata da un gruppo di militi della Gnr. Tre di loro, Ugo Costa, Luciano Gualandi e Giorgio Malaguti furono catturati e fucilati, chi il giorno stesso, chi il giorno dopo lungo la sponda del Canale Portello, dopo una notte di torture in carcere e senza nemmeno un processo". Poco meno di un mese dopo, il 21 aprile 1945, a pochissimi giorni dalla Liberazione di Ferrara, sette giovani antifascisti di Porotto, Cesare, Egidio e Renzo Artioli, Dino Manfredini, Giancarlo Massarenti, Tonino Pivelli e Quinto Rossi, furono prelevati con la forza dalle loro case e condotti nelle campagne di Fondoreno. Dopo un processo sommario furono barbaramente trucidati e uccisi.
A descrivere l’orrore del secondo eccidio sono le parole di Cesare Artioli, nipote di uno dei martiri, che porta appunto il nome dello zio, lette da Silvana Baroni: "I corpi erano sei, sparsi per terra in una pozzanghera rossa, avvicinarsi significava calpestare l’erba insanguinata. Mia madre si è inzuppata i piedi. Hanno riconosciuto Cesare dai vestiti, un paio di pantaloni blu e una camicia chiara, avendogli sparato alla nuca il volto non era riconoscibile. Nel dopoguerra la mia famiglia ha provato a sapere qualcosa, ma c’era un’omertà peggio di quella mafiosa, molti di coloro che avevano la camicia nera poi hanno cambiato colore e nessuno voleva che si sapesse nulla del passato. Questo terribile avvenimento ha sconvolto la vita di tutti nel borgo". La commemorazione è stata anche occasione per presentare il restauro di due dei cippi, di via Ladino e Fondoreno. "I primi sopralluoghi – ha raccontato Paolo Rebecchi, responsabile dei Beni Monumentali del Comune di Ferrara e curatore del progetto – hanno mostrato un degrado avanzato: agenti atmosferici, muschio e licheni avevano attaccato gli elementi marmorei. Abbiamo quindi messo in campo questo intervento per restituirne il decoro, tutelarli nel tempo e conservarli". Ad accompagnare le celebrazioni è stata la banda Giuseppe Verdi di Cona. Alla fine della cerimonia i presenti hanno, spontaneamente, intonato ‘Bella ciao’.
La storia. Il 25 marzo e il 21 aprile del 1945, quattro giorni prima della liberazione dell’Italia da parte dei partigiani e degli alleati, dieci giovani di Porotto e di Fondo Reno vennero uccisi dai nazifascisti. Gli eccidi vennero perpetrati nelle campagne limitrofe a Ferrara, eseguiti dopo che i ragazzi furono arrestati per aver distribuito volantini antifascisti.