Irrigazione, primi limiti nei prelievi "In alcune zone canali già a secco"

Una risorsa da gestire: sos di Coldiretti e Confagricoltura alla politica. Ingentissimi i danni nel settore

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di Matteo Langone

Guai a dare per scontata la bontà del sistema locale di gestione delle acque. Che esso sia realmente un fiore all’occhiello del nostro territorio – ma anche di quello nazionale – è cosa vera: "Ma non bisogna fare l’errore di pensare che siccome, nella storia, siamo sempre stati bravi ad amministrare l’acqua, allora ciò implica che questo non sia un bene prezioso". Anzi, è proprio il contrario. Il grido di allarme arriva da Coldiretti e Confagricoltura ed è rivolto al mondo politico, ma non solo. Al netto di un caldo e di una siccità estremi – un maggio e un giugno così aridi è da record, o quasi – c’è un problema di fondo nella gestione del cosiddetto ‘oro blu’: lo spreco. Tanto ne avrebbe il nostro territorio, ma altrettanto va perso. Dietro ad un’immagine simbolo, come quella del Po ormai divenuto una sorta di grande spiaggia, c’è infatti un intero settore – quello, per l’appunto, agricolo – che soffre della scarsità di acqua e del cuneo salino. Ma andiamo con ordine. Il primo punto è la penuria del bene più prezioso. "Gli agricoltori – precisa, in tal senso, Riccardo Casotti da Coldiretti – si sono già regolamentati autonomamente, con prelievi limitati, per cercare di risparmiare. Forse la situazione generale non è ancora da crisi profonda, ma nell’Alto Ferrarese alcuni canali iniziano già ad evidenziare un livello troppo basso". Il Consorzio di bonifica sta lavorando al massimo delle proprie potenzialità – e, per questo, arriva il plauso da Confagricoltura – ma gli occhi del settore sono rivolti al cielo. Solo la pioggia può salvare i prodotti. "Cocomeri e meloni hanno bisogno di una irrigazione costante – aggiunge Gianluca Vertuani, presidente della confederazione con sede in via Bologna –, mentre grano e mais sono già in sofferenza". Aspettando un meteo più clemente, però, è necessario agire anche a livello infrastrutturale. In questa direzione, l’allarme è relativo alle acque del mare – salate – che entrano nel Po e, se raccolte, danneggiano i campi. "Il cuneo salino – riprende Casotti – spaventa, ma storicamente non si è mai intervenuti per risolverlo. Già una ventina di anni fa, come Coldiretti, ne parlammo in un convegno. Il problema è che questo tema è sottovalutato a livello generale. Costruire un impianto di dissalazione non è impossibile, ma serve l’intento politico". Ancor più tranciante è, invece, Vertuani che affonda il colpo, sostenendo come "la comunità pensa che l’acqua sia un bene infinito". "I Paesi che ne hanno poca la tutelano – insiste –, noi invece non la tratteniamo". Ecco, dunque, che si torna al concetto di partenza. Lo spreco. Per evitarlo, il pensiero comune è che non servano costruzioni apocalittiche, quanto piuttosto strutture più piccole ma funzionali: "Se in Italia aspettiamo che venga costruita la mega diga o l’impianto immenso in poco tempo non abbiamo compreso nulla – evidenzia ancora il presidente di Confagricoltura –. Meglio pensare a piccoli invasi o sbarramenti". Anche qui, la visione tra la confederazione e Coldiretti è comune. Anche per Casotti, infatti, "urge pensare a interventi mirati, su impianti locali, canalizzazioni e strutture che possano migliorare il circolo delle acque". Come? I fondi del Pnrr, se indirizzati a dovere, potrebbero essere l’occasione storica. Ma, come già ribadito, serve che i primi passi li compia il mondo politico. Quello locale, nel frattempo, si sta muovendo. Ieri, il sindaco Alan Fabbri, è intervenuto a Mattina24 su Rainews24: "Ho già sollecitato momenti di confronto con gli enti locali, che auspichiamo avvengano con celerità – ha chiosato –. Abbiamo il dovere di tutelare e adattare ai tempi un tessuto idraulico realizzato nei secoli, che ha fatto delle nostre terre luoghi di produzioni di eccellenza. Da qui discende la tutela del lavoro, delle imprese, del prodotto, dell’agricoltura, dell’ambiente".