La contessa Sanseverino alla corte estense

Nell’ultimo saggio di Gigliola Fragnito, la libertina che ispirò ’La certosa di Parma’, regina indiscussa dei giochi erotici alla corte di Alfonso II

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di Gianni Venturi

Un libro che nasce da una competenza straordinaria ma che non rinuncia ad associarvi la godibilità della lettura è questo La Sanseverino. Giochi erotici e congiure nell’Italia della Controriforma (Bologna, Il Mulino, 2020) firmato da Gigliola Fragnito la quale, proseguendo un suo piano di ricerca nell’ambito della Controriforma e della censura sulle donne che ne furono partecipi e attive e sul riflesso della censura nella letteratura, ci ha consegnato una serie di volumi fondamentali: dalla Bibbia al rogo del 1997 al recentissimo Rinascimento perduto del 2019 ma soprattutto quello su Clelia Farnese del 2013 che più si accosta a questo.

Il libro proseguendo un percorso culturale della Fragnito che per anni fece parte dell’Istituto di studi rinascimentali di Ferrara dove sviluppò con chi scrive queste note un’attiva collaborazione (e ammirazione), narra la vita e la morte di Barbara Sanseverino della famosa famiglia della nobiltà napoletana . La capacità narrativa dell’ autrice si rivela già nel capitolo indispensabile premessa a tutto il volume e che vede il grande Stendhal trasformare la figura storica di Barbara in quella della Sanseverina fondamentale personaggio della Certosa di Parma. Una ‘verità’ forse più credibile di quella storica che dà ragione alla capacità della funzione poetico-narrativa di rendere più credibile e universale il ruolo del personaggio tratto da quello storico. La capacità dell’autrice di rendere una narrazione che fruisca degli elementi propri alla sua funzione ‘estetica’ è suffragata nella seconda parte del volume da un’imponente corredo storico-critico. Nasce in questo modo un ritratto che molto ha a che fare con la figura più celebre del Rinascimento, quella Lucrezia Borgia qui ritrovata in Barbara. Vorrei soffermarmi su alcuni momenti che coinvolgono Ferrara e la corte di Alfonso II.

Qui Barbara diverrà regina indiscussa di quei giochi erotici e culturali che la periclitante vicenda del duca che portò la citta estense alla Devoluzione alla Chiesa produsse. In quella corte dove Barbara rifulse per capacità culturale e pure erotica nonostante non mettesse in gioco il proprio corpo, si eseguono una serie di intrattenimenti che lo stesso Tasso ricorda e in questa situazione entrano in gioco letterati famosi come si evince dai Discorsi di Annibale Romei. In questa città si costruisce il senso di luoghi ‘paradisiaci’ quali i giardini testimoniati dalle Delizie estensi dove il potere è confermato e protetto dalle armi ducali ma viene espresso nella esteticità del luogo. Tra i giochi in voga alla corte di Alfonso tiene il primato quello della precedenza “dell’arme e delle lettere” Il giudizio venne affidato a Barbara la cui straordinaria cultura era ormai conosciutissima . Delle vicende magistralmente narrate dall’autrice desta ancora stupore e raccapriccio la fine a cui andò incontro la nobildonna che aveva intessuto una ‘gran congiura’ di cui non si ha ancora certezza storica contro il duca Ranuccio Farnese che si voleva impossessare dei beni di Barbara tra cui l’amatissimo feudo di Colorno. Arrestata nel 1612 venne avviata al patibolo nello stesso anno. Qui il boia non riuscendo a troncargli il capo con la mannaia usò il ‘mannarino’ usato per gli animali e eccitato dalla folla che voleva vedere le fattezze di una tra le più celebrate bellezze del tempo anche se ormai 62enne le alzò le vesti e le dette una serie di ‘sculazzate’. Tra le qualità del libro non deve essere dimenticata la serie di effigi di Barbara riprodotte con estrema qualità e rigore.