La sofferenza rende piena la gioia futura

È la tenerezza del rapporto tra una madre ed il suo piccolo che inaugura lo spiegarsi delle letture di questa domenica; Isaia attribuisce profeticamente al popolo di Israele la persona del neonato ed a Dio quella della madre che lo nutre, annunciandogli così un tempo di tenera consolazione. Tuttavia la beatitudine e la pace promessa non sarà a prescindere dalla sofferenza, anzi: proprio questa renderà pura e piena la gioia futura. L’apostolo Paolo rivendica su di sé le stesse piaghe del Signore al fine di legittimare e garantirsi quella gloria e pace che è propria del Figlio di Dio, per unirsi al quale altra via non c’è che l’umana della croce. È nella dimensione della fede che la sofferenza stessa diventa conferma e vanto di colui a cui si crede: Gesù!

Neppure l’illusione del successo, fosse anche la forza di dominare i demoni, ci deve sollevare dalla responsabilità di abbracciare la croce del Signore, unica via di salvezza personale, vero e onesto annuncio del regno di Dio; l’evangelista Matteo, da cui questa Domenica accogliamo la Parola del Vangelo, ci offre la giusta declinazione di ciò che Gesù intende per regno di Dio e viatico ad ogni tipo di malattia: la Pace! La pace è la condizione per la quale il regno di Dio si può riconoscere come tale e nello stesso tempo ne è l’attesa ultima perché questo abbia pieno compimento. Oggi ancor di più sembra un paradosso ma in vero, per ottenere Pace occorre lottare col mondo e arrendersi-abbandonarsi solo davanti a Dio; la forza di questa perseverante testimonianza è la peculiare identità del discepolo.

Don Saverio Finotti