Lavoro nero, una piaga Nei campi è boom di braccianti sfruttati "I caporali, una spia"

Il 74% della manodopera irregolare impiegato proprio in agricoltura. Ma il fenomeno si va diffondendo anche nell’edilizia e logistica.

Lavoro nero, una piaga  Nei campi è boom  di braccianti sfruttati  "I caporali, una spia"

Lavoro nero, una piaga Nei campi è boom di braccianti sfruttati "I caporali, una spia"

In Emilia Romagna il 74% dei lavoratori irregolari è impiegato in agricoltura. Un dato che sottolinea quanto lo sfruttamento della manodopera nei campi sia una piaga diffusa non solo in determinate aree geografiche, ma anche sul nostro territorio. Le campagne non sono però l’unico contesto in cui si radicano il caporalato, il precariato estremo e il lavoro in assenza di diritti.

Tali fenomeni si vanno via via diffondendo anche nell’edilizia, nel comparto della logistica e in quello delle consegne a domicilio. Di questo mondo sommerso e delle mille sfaccettature delle nuove schiavitù si è parlato ieri mattina in municipio nel corso del seminario dal titolo ‘Il lavoro estorto’, nell’ambito della Festa della legalità. L’analisi dei relatori (tra questi il collega de Il Resto del Carlino Federico Malavasi) è partita dalla panoramica nazionale per poi spostarsi via via sul piano locale, con l’analisi della situazione ferrarese e delle principali inchieste che hanno portato alla luce reti di caporalato attive nella nostra provincia (l’ultimo filone di indagine si è concluso pochi giorni fa con due caporali che hanno patteggiato la pena). Dal contesto generale è partita l’avvocato Stefania Di Buccio, socia di Advisora. "Il caporalato – ha spiegato il legale – è un elemento spia che segnala l’esistenza di un’organizzazione dietro al fenomeno singolo. Siamo abituati a vederlo nei campi, ma sta dilagando in altri settori come l’edilizia e la logistica. Tutto ciò ha una ricaduta non solo sulla dignità del lavoro, ma anche sulla concorrenza". L’avvocato Marcella Vulcano, presidente di Advisora, si è focalizzata sul mondo dei fattorini (i cosiddetti rider) e sulle normative per il contrasto delle violazioni in un settore quanto mai fluido, mentre Daniele Caucci (associazione Terra!) ha parlato dello sfruttamento in agricoltura partendo dal comparto del pomodoro, per poi arrivare alle azioni possibili per sradicare il fenomeno.

"Il caporalato – ha affermato – ha sempre colpito le fasce più deboli della popolazione. Una volta erano le donne, oggi sono i migranti. Quello che si può fare è favorire l’incrocio tra domanda e offerta di lavoro, perché è proprio qui che si inserisce il caporale, e incentivare un accesso al cibo equo sia dal punto di vista ambientale che sociale”. Giovanni Rossi (già segretario dell’Ordine dei giornalisti e segretario generale aggiunto Fnsi) ha fatto un excursus sul mondo giornalistico, sottolineando "l’aumento della precarizzazione e la paura ad esporsi per rivendicare i propri diritti". A inquadrare la piaga da punto di vista giuridico ci ha pensato il sostituto procuratore Andrea Maggioni, titolare tra l’altro di una delle inchieste sul caporalato condotte dalla procura estense. Il magistrato ha preso le mosse dalla modifica dell’articolo del codice penale sull’intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, rivisto a seguito della morte di un’operaia avvenuta in Puglia nel 2016. "Tutto ruota intorno alla tutela del lavoro e in particolare del lavoro ‘indifeso’ – ha chiarito il magistrato –. Oggi la fattispecie è adeguata e copre le possibili condotte illecite". Il nodo, secondo Maggioni, è però quello del controllo. "Prima ancora che dall’Ispettorato del lavoro e dalla polizia giudiziaria – ha aggiunto –, il controllo deve partire dal versante sociale e politico". Con la modifica della normativa, ha concluso il pm, "qualche processo in più anche a Ferrara c’è stato, ma non basta. Anche la società e il sindacato devono muoversi".

re. fe.