Plastica, da Ferrara la seconda ‘rivoluzione’

Dallo stesso centro ricerche dove nacquero Moplen e Dutral, la spinta all’impianto pilota che consente il ritorno alla materia prima

Petrolchimico visto dall'alto

Petrolchimico visto dall'alto

Ferrara, 19 novembre 2019  - Il futuro del polo chimico? L’economia circolare. E specie la plastica che si dissolve, si atomizza, torna allo stato primigenio invece che proliferare. Nella settimana in cui Ferrara ricorda gli ottant’anni del sito industriale – tuttora tra i più importanti d’Europa, e sul fronte della ricerca eccellenza mondiale –, è inevitabile non guardare soltanto indietro, ma soprattutto fissare l’orizzonte. Sperando, visto il giusto aumentare della coscienza ecologista, che non sia troppo distante.

Così, accanto alle varie produzioni negli stabilimenti di piazzale Donegani, dai fertilizzanti di Yara all’energia di Sef, dalla trasformazione dei rifiuti organici di Eni Rewind ai gas industriali di Sapio, è soprattutto nel vasto campo della plastica (in cui operano, nelle varie sfaccettature, Basell, Versalis e Celanese) che ci si attende una svolta. Anzi, una rivoluzione come quella che dagli anni ’50, grazie all’intuito di Giulio Natta, ha portato Ferrara all’attenzione del mondo. Il premio Nobel ottenuto nel 1963 dallo scienziato milanese, arrivato al petrolchimico vent’anni prima, era stato un tributo all’innovazione dello stabilimento estense.

Con un’immagine figurata, se al petrolchimico sono nate la plastiche, come il Moplen o il Dutral, diventate simbolo della durata, proprio qui è destinata a prendere corpo la migliore tecnologia per invertire il ciclo, e rilanciarlo su basi completamente nuove. Basell ha già progetti avanzatissimi, e l’idea di un impianto pilota, nella cosiddetta ‘pirolisi inversa’, ovvero un processo di rottura delle catene molecolari che rendono la plastica rigida. Il tutto in assenza di ossigeno, cioè senza combustione e ossidazione, dunque anche senza emissioni nocive in atmosfera. A quel punto la plastica torna a essere materia prima (essenzialmente gas) e può essere destinata nuovi utilizzi – come per la combustione o i propellenti – oppure per la creazione di nuove materie plastiche. Magari più ‘verdi’ ma ugualmente performanti. Nel riciclo attuale, affidato soprattutto alla triturazione meccanica, si ottiene ancora molto scarto.

L’idea risale agli anni Settanta, ma per decenni è rimasta confinata nell’utopia. Le prime aziende stanno però entrando nel vivo del procedimento: ed è proprio Basell che per capacità di ricerca – il centro Giulio Natta è il più avanzato al mondo nel settore delle poliolefine – e chiaramente per dimensioni finanziarie, può lanciare questa operazione su vasta scala. Imponendo di riflesso un’accelerazione anche alle altre società insediate a Ferrara, che già stanno compiendo passi avanti nella diversificazione delle materie prime e del riciclo dei polimeri. È in qualche modo un intero stabilimento che tenta di riscrivere la propria storia, senza rinnegarne né le basi, né le persone. Oggi, ad esempio, con l’arrivo a Basell dagli Stati Uniti dell’amministratore delegato Bravesh ‘Bob’ Patel – che incontrerà i dipendenti e i manager locali – non c’è solo il saluto a Massimo Covezzi, uno dei vicepresidenti della multinazionale, che va in pensione. Perché Covezzi e Daniele Ferrari (Versalis) sono ai vertici di Plastic Europe, l’associazione di produttori che scommette, anche, su questo progetto. Dallo Stato, perciò, più che la ‘plastic tax’ ci si attendono investimenti sulle tecnologie in grado, anche, di disgregarla in modo pulito.