Po in secca, a Pontelagoscuro a riva spuntano le spiagge

Sempre meno acqua, lo scenario è quasi irreale

Un cittadino a spasso sulla secca del Grande Fiume, che ormai ha raggiunto livelli record

Un cittadino a spasso sulla secca del Grande Fiume, che ormai ha raggiunto livelli record

Ferrara, 15 marzo 2019 – Quando si sente parlare di desertificazione, di riscaldamento globale, di clima subsahariano la mente corre veloce a immense distese di sabbia dell’Africa più remota. Eppure, anche a marzo, anche alle nostre latitudini, paesaggi del genere non mancano. E, paradossalmente, ad assumere le sembianze di un piccolo deserto, in questi giorni, è proprio quella porzione di territorio che più ricca d’acqua non potrebbe essere: il Po. Il Grande Fiume soffre. Soffre terribilmente le strane dinamiche di un clima che cambia e che regala sempre meno perturbazioni. Poi, magari, quando queste arrivano, sono talmente violente da scatenare fenomeni opposti – come le piene –; ma questi sono altri discorsi. Oggi, alla metà esatta di marzo, in un periodo che tecnicamente è ancora denominato inverno ed in un mese in cui solitamente si usa più l’ombrello che la crema solare, il Po è visitabile da vicino. Anzi, vicinissimo. Percorrendo il ponte che collega Pontelagoscuro a Santa Maria Maddalena, lo sguardo è inevitabilmente attratto verso sinistra: là, nemmeno tanto in fondo, la curva del fiume è un pavimento di sabbia. Scendendo dalla sponda veneta e attraversando il letto arido e secco, quasi si raggiunge l’altro lato. Da questa parte (quella ferrarese), invece, di sabbia ce n’è un po’ meno.

Ma non si può certo dire che manchi. Soffre il Po, soffrono le barche in transito, soffre il territorio tutto. Quelli che, invece, un po’ sembrano beneficiare di tutto ciò sono i pescatori: un paio, accovacciati sulla sponda sabbiosa, ci dicono che più la secca è importante, più loro si possono ‘sedere’ vicini al letto del fiume. Là, dove c’è la corrente maggiore e dove, dunque, ci sono più pesci. La vita, così, a ridosso del Grande Fiume, scorre lenta. E, va detto, anche in maniera anomala. Colpa della siccità, che rende buona parte del corso d’acqua una grande spiaggia e che apre la stagione della pesca sempre un po’ in anticipo. La vegetazione, a metà marzo, è in buona parte secca.

La terra, quando ancora non diventa sabbia, si spacca letteralmente sotto i piedi. Il ritmo delle onde è assente. Servirebbe la pioggia ma, paradossalmente, nemmeno qui. Servirebbe cadesse copiosa a monte, per alimentare tutto il corso d’acqua, fino al Delta. Ma queste, al momento, sono solo speranze. La realtà è ben altra e parla di un fiume che, giorno dopo giorno, anno dopo anno, assume sempre più le sembianze di altro. Di un deserto, di una spiaggia, di quello che più piace o spaventa. La realtà è che, di questo passo, tra non molto si potrà arrivare a Santa Maria Maddalena anche a piedi. A piedi scalzi.