Sclerosi multipla cure, si riaccende la speranza

Nuovi studi del prof Zamboni contro la malattia

Il professor Paolo Zamboni ha illustrato i suoi studi

Il professor Paolo Zamboni ha illustrato i suoi studi

Ferrara, 28 dicembre 2019 - La sclerosi multipla è una malattia che colpisce circa 2,5-3 milioni di persone nel mondo, 600mila in Europa e circa 122mila in Italia, in particolare donne. Da anni a Ferrara il professor Paolo Zamboni, ordinario di Chirurgia vascolare e direttore del Centro di Malattie Vascolari di Unife, studia l’apporto di interventi di tipo chirurgico-vascolare contro questa malattia invalidante.

Tramite lo studio no profit Brave Dreams (Sogni Coraggiosi), finanziato dalla Regione Emilia-Romagna e promosso dall’Azienda ospedaliero-universitaria di Ferrara, Zamboni sta studiando gli effetti del ripristino del flusso venoso giugulare e quindi della riattivazione di un corretto afflusso di sangue al cervello.

Concentrandosi sugli interventi di angioplastica sulle vene cerebrali extracraniche, Brave Dreams indaga se questi possano portare benefici ai malati. I più recenti risultati dello studio sono stati presentati a New York. Riferendosi al report pubblicato sul Journal of Endovascular Therapy, Zamboni ha presentato una nuova fase del progetto che ha coinvolto un campione più ampio rispetto alle prime fasi della ricerca. 

E il risultato lascia molto ben sperare: integrando nel campione anche i pazienti con forma di sclerosi multipla secondariamente progressiva, e non soltanto quelli con la forma recidivante-remittente, i risultati sono positivi. I pazienti con tipi di vena idonea all’angioplastica con pallone hanno un’elevatissima probabilità di non sviluppare nuove lesioni o di espandere vecchie lesioni nel cervello a un anno dall’intervento. In particolare, il 79% dei pazienti con vene idonee all’intervento del pallone dilatatore non ha sviluppato nuove lesioni cerebrali. Viceversa, i pazienti con vene non idonee all’intervento del pallone, oppure quelli sottoposti ad un finto intervento, sviluppavano molto più facilmente lesioni cerebrali viste dalla risonanza magnetica. 

Il primo report di questo studio, pubblicato nel gennaio 2018 su Jama Neurology, dimostrava che l’intervento di angioplastica sulla giugulare e sulla vena azigos, un grosso vaso che si trova nella cavità toracica e addominale, era sicuro ma non aveva effetti significativi sulla disabilità e sulle placche visibili nella risonanza magnetica del cervello. L’articolo però concludeva ipotizzando che potesse essere presente un sottogruppo di pazienti che potesse rispondere al trattamento. Nella seconda fase dello studio, rigorosissima e in doppio cieco, sono stati usati criteri validati di analisi delle flebografie per suddividere i pazienti in categorie ‘idonei’ e ‘non idonei’ all’intervento di angioplastica.

Sono stati considerati idonei i tipi di vena su cui il pallone utilizzato nell’angiplastica per allargare le vene è in grado di ripristinare il flusso, mentre sono stati considerati non idonei quelli in cui il pallone non è in grado di dilatare e di migliorare il flusso. La distinzione è stata affidata a una commissione esterna, composta dal professor Sclafani (docente di Radiologia Vascolare all’Università di Stato di New York) e dal professor Setacci (past president della Società Europea di Chirurgia Vascolare ed Endovascolare), che ha rivisto indipendentemente i filmati delle procedure. Uno statistico indipendente ha incrociato i dati delle flebografie con quelle delle risonanze magnetiche cerebrali.