LAURA GUERRA
Cronaca

"Sicurezza stradale, un cambio di mentalità"

La Fondazione Michele Scarponi, nata da una tragedia, ospite in sala Zarri davanti agli studenti: "Serve modificare la prospettiva"

Durante la serata sono intervenuti Marco Scarponi e l’urbanista Matteo Dondè

Durante la serata sono intervenuti Marco Scarponi e l’urbanista Matteo Dondè

Ci sono vite che non si fermano neanche quando tutto sembra dire il contrario. Che dopo aver conquistato salite e gloria, Giro d’Italia e cuori, continuano la loro pedalata in strade che si aprono nelle coscienze, nel cuore e nel coraggio di cercare di far cambiare le cose e che sempre meno famiglie piangano la morte sull’asfalto. E’ stata raccontata a Cento ed è quella che percorre la Fondazione Michele Scarponi, nata da una tragedia, che mantiene vivo il sorriso aperto, contagioso e fresco di questo campione strappato alla vita da un incidente. Con una promessa: che nessun altro debba perdere la vita sulla strada. "Il nostro è un dolore a cui non diamo ancora un senso e che trasformiamo in altro, cercando di dare qualcosa e far prendere coscienza a tutti che una vittima sulla strada è una persona reale morta e vite intere interrotte – ha detto Marco Scarponi, fratello del campione scomparso –. Quando ho visto il volto di Michele sotto il lenzuolo bianco, in quel giorno è cambiata tutta la nostra vita, un buco che ha diviso il prima dal dopo. Ma non volevamo finisse lì. Volevamo il suo ricordo con l’obiettivo di salvare vite". Michele Scarponi, il campione gentile e sempre sorridente, l’aquila di Filottrano, così non se n’è mai davvero andato. Ha cambiato forma, diventando voce, progetto, impegno. "Abbiamo trovato il logo della Fondazione guardando la tappa del Giro 2016 quando sul Colle dell’Agnello Michele, in fuga e con la vittoria in tasca si fermò per aspettare il suo capitano e fargli vincere la maglia rosa – ha proseguito – quel piede a terra non era una resa ma era aiuto, ci ha insegnato che si vince solo insieme, andando al traguardo di una strada senza più vittime". Una memoria che fanno diventare azione, parola, scuola, invito a ognuno a rallentare, pensare e a chiedersi chi c’è dietro un casco, una curva, un manubrio. Una Fondazione che non alza la voce, ma parla forte. "La strada deve avere una migliore distribuzione di spazi. Si parla poco e male di sicurezza, in un Paese dove si tolgono gli autovelox e si devono proteggere i bambini anche davanti a scuola dalle auto, serve cambiare la prospettiva: non sono incidenti, sono omicidi. La strada e davvero di tutti? E quando deve durare ancora tutto questo prima di fare qualcosa?".

La serata, voluta dal Comune, è arrivata dopo l’incontro con gli studenti centesi e presente, anche il ciclista Luca Panichi, sulla sedia a rotelle dopo un incidente e Matteo Dondè, architetto urbanista, esperto in pianificazione della mobilità pedonale e ciclistica, città 30, moderazione del traffico e riqualificazione degli spazi pubblici. "Serve guardare a cosa stanno facendo gli altri stati nel ridisegnare le strade che ora sono concentrate solo sull’automobile. Ripensare lo spazio anche attraverso percorsi partecipati, aumentare il verde, ampliare i marciapiedi soprattutto dove ci sono gli attraversamenti migliorando la visibilità, pedonalizzare le strade davanti alle scuole a abbassare la velocità a 30 kmh. Abbiamo visto che nonostante le paure, sono diminuiti gli incidenti e aumentato gradimento e commercio. Se migliora la sicurezza, lo fa anche la vivibilità, permettendo anche di andare sempre più verso la mobilità sostenibile. E far ripensare e ridisegnare ai bambini le loro strade. Sono loro che possono vedere e dare indicazioni a noi adulti che abituati così, fatichiamo a vedere, dando il via al cambio di mentalità".

Laura Guerra