Ucciso da Igor, il giudice: "Troppe negligenze,. Verri doveva avere il giubbotto antiproiettile"

Provincia condannata, le motivazioni della sentenza del tribunale del lavoro "Il volontario non fu informato del pericolo, il servizio misto andava sospeso" .

Ucciso da Igor, il giudice: "Troppe negligenze,. Verri doveva avere il giubbotto antiproiettile"

Ucciso da Igor, il giudice: "Troppe negligenze,. Verri doveva avere il giubbotto antiproiettile"

Il volto di Igor il russo è già sulle foto segnaletiche di tutte le forze dell’ordine. L’1 aprile 2017 era entrato in un bar a Riccardina di Budrio lasciando a terra la sua prima vittima: Davide Fabbri. È pericoloso, "se lo si vede chiamare i carabinieri e stare lontano", l’ordine che arriva dal comandante della polizia provinciale ferrarese ai suoi. Ma quel giorno, l’8 aprile, a una settimana esatta dalla sua prima carneficina, nessuno, nella maledetta zona rossa tra Argenta e Portomaggiore, sospende il servizio di vigilanza. Non lo vieta, soprattutto, alle guardie venatorie volontarie, coloro che uscivano "in coppia mista" con gli agenti. Una mancanza "negligente ed imperita" che costerà la vita a Valerio Verri, 63 anni in pensione, freddato da Igor (all’anagrafe Norbert Feher) alle 18.30 nel Mezzano, mentre era di pattuglia con l’agente della Provinciale Marco Ravaglia (che resterà vivo per miracolo). In 45 durissime pagine, il giudice del lavoro Alessandra De Curtis, ripercorre quei momenti, spiegando i perché la Provincia è chiamata a risarcire con oltre un milione di euro la famiglia Verri per "l’accertata e dichiarata responsabilità". Per non aver "sospeso il servizio di vigilanza" in quell’area "luogo di azione di Igor", e "per non aver edotto del pericolo Verri", disarmato e senza "un addestramento", il quale "si sarebbe astenuto dal prestare servizio". La sicurezza delle guardie volontarie, precisa subito il giudice, "deve essere garantita dalla Provincia per il tramite della polizia provinciale, tanto che, nell’espletamento del servizio, i volontari sono tenuti a rispettare le disposizioni, anche verbalmente, dal comandante o da altro agente".

L’ente però, quel pomeriggio, non avrebbe adottato una serie di misure per garantire la sicurezza di Verri: oltre alla sospensione dell’attività, non venne predisposta "una informativa ai volontari perché fossero consapevoli del pericolo". Non adottò "adeguate direttive sulla modalità di svolgimento del pattugliamento con gli agenti". Non munì la futura vittima di "dispositivi di protezione" come un semplice "giubbotto antiproiettile (altra misura potrebbe individuarsi nello spray antiaggressione)". Una esigenza, quest’ultima, "sentita dallo stesso Verri", come riferì un amico nel corso del procedimento. "In ogni caso – chiosa il giudice – il giubbotto avrebbe impedito l’esito mortale dell’aggressione armata di Igor dal momento che il proiettile lo colpì all’addome".

Della pericolosità del killer, inseguito dalla pattuglia Ravaglia/Verri, mentre era a bordo di un Fiorino rubato, "la polizia provinciale era pienamente consapevole, come dimostra lo scambio di messaggi del 4 aprile tra Ravaglia (del quale viene contestata la condotta di quel pomeriggio, ndr) e il comandante Castagnoli. La stessa polizia, inoltre, "non poteva non essere a conoscenza dell’indagine in corso", Igor aveva ucciso sette giorni prima e dal giorno dopo la morte di Verri mille uomini lo cercheranno invano. Ma l’attività di pattugliamento in coppia mista andò avanti "senza nessuna precauzione".

"La sentenza – così l’avvocato Fabio Anselmo per la famiglia Verri, "sconvolta nell’esistenza", sottolinea ancora il giudice, dall’omicidio – riconosce quello che abbiamo sempre sostenuto. Valerio non doveva essere trascinato su quell’auto e soprattutto in quell’inseguimento. Una verità ora riconosciuta dal tribunale".