Ebrei in terre d’Islam tra scambi e persecuzioni

Presentato in anteprima nazionale a Ferrara il libro ‘La stella e la mezzaluna’ con Antonia Arslan e Vittorio Robiati Bendaud

Da sinistra Antonia Arslan, Vittorio Robiati Bendaud e Gianandrea Gaiani (foto Samaritani)

Da sinistra Antonia Arslan, Vittorio Robiati Bendaud e Gianandrea Gaiani (foto Samaritani)

Ferrara, 14 settembre 2018 - «Era naturale che la tappa di partenza di questo libro fosse Ferrara: per sottolineare ancora una volta quanto il legame tra la città e il popolo ebraico sia profondo». A parlare è la scrittrice italiana di origine armena, Antonia Arslan, autrice del bestseller La masseria delle allodole, curatrice della nota introduttiva al testo di Vittorio Robiati Bendaud, La stella e la mezzaluna. Breve storia degli ebrei nei domini dell’Islam (Guerini e Associati). Presentato in anteprima nazionale mercoledì in un Palazzo Roverella gremito, il testo «è un viaggio che parte da lontano e arriva a lambire i primi del ‘900 che dà una visione oggettiva dei fatti accaduti. E’ un libro – continua la scrittrice - insufflato di calda umanità, che prende le mosse da un’analisi approfondita delle fonti storiche, corredato da vasta bibliografia, nel quale emerge l’importanza delle minoranze». Di qui, inevitabile è il parallelo con il popolo armeno: «Si pensi solamente – spiega la scrittrice – che gli Armeni erano chiamati, dalla stampa tedesca di metà ‘800, ‘gli ebrei del Medio Oriente’». Dialogando con il caposervizio del Carlino Ferrara, Cristiano Bendin, Vittorio Bendaud ha premesso le ragioni personali che lo hanno spinto a comporre l’opera: «Una parte della mia famiglia proviene da Bengasi». Ragioni familiari ma anche storiche: «C’è molta confusione – spiega – in chi affronta questo tipo di tematiche perché parlare di ebrei nei domini dell’Islam dà fastidio a un certo establishment, anche ebraico». Un libro che aiuta a fare piazza pulita di alcuni luoghi comuni sui rapporti tra ebrei e musulmani. «Fino a metà del diciannovesimo secolo – scandisce l’autore - tra i due popoli c’è stata una convivenza caratterizzata da alti e bassi. Momenti di scambio culturale e di relativa pace e momenti di violenza e tensioni. In ogni caso, a regolare i rapporti tra maggioranza musulmana e minoranze ebraica e cristiana era lo statuto giuridico della dhimma, (letteralmente ‘stato di protezione’), che costringeva de facto a una subordinazione agli islamici». La miccia dello scontro si accende a metà del 1800, molto prima dunque della nascita dello Stato di Israele. Un ruolo decisivo, secondo Bendaud -che nella stesura del testo si è avvalso di fonti inedite in Italia – lo avrebbero avuto certe facoltà umanistiche europee che, in qualche modo, fomentarono l’antisemitismo. Molti gli episodi di vita reale citati dall’autore: «In Marocco – spiega Bendaud - gli ebrei erano costretti a vestirsi di nero, ad inchinarsi di fronte ai musulmani. Venivano derisi e ad alcuni scagliavano pietre o sputi. Per non parlare di chiese e sinagoghe, che dovevano essere costruite più basse delle moschee». Frizioni ma anche punti in comune. Uno su tutti la lingua: «Sono molti - spiega Bendaud - i prestiti tra arabo ed ebraico, numerose le parole simili nella formulazione e nella pronuncia». Sul dialogo ebraico – cristiano Bendaud non ha dubbi: «Ad oggi langue, ma è auspicabile che prosegua in maniera proficua». Dall’analisi storico-culturale all’attualità. Per Gianandrea Gaiani, direttore di AnalisiDifesa, «l’Islam è la più grande minaccia per l’Europa e per le democrazie europee». «Pochi mesi fa a Bologna e a Milano - racconta - si è inneggiato alla morte degli ebrei e alla distruzione d’Israele nel silenzio generale. Come arginare, quindi, questa violenza considerando la sempre più massiccia presenza di islamici in Italia?» Inevitabile un passaggio sugli «investimenti delle monarchie Saudite che fanno gola».

Federico Di Bisceglie