Ricordando Roberto Pazzi, poeta, scrittore, giornalista: “Il suo cuore batte ancora”

Omaggio al Ridotto con l’assessore alla Cultura Marco Gulinelli, l’autrice e amica Francesca Capossele e l’attore Gabriele Via con letture dei suoi scritti

Il ricordo di Roberto Pazzi

Il ricordo di Roberto Pazzi

Roberto Pazzi non era solo - ‘solo’ si fa per dire - un poeta e uno scrittore tradotto in ventisei lingue, con più di trenta pubblicazioni all’attivo, ma anche un giornalista. Una personalità ricca e poliedrica, attento osservatore del presente ma con uno sguardo al passato - tra i suoi amati Classici, greci e latini - e una visione proiettata al futuro (non a caso era considerato tra gli autori più originali e visionari).

Questa sua poliedricità è stata al centro dell’incontro di ieri mattina, al Ridotto del Comunale, nell’ambito del ‘Festival della poesia’ a lui dedicato; cinque giorni tra reading di poesia, incontri, concerti, spettacoli e performance voluti e organizzati dal Teatro Comunale ’ Abbado’. Il Roberto Pazzi giornalista è stato ricordato da Cristiano Bendin, capo della redazione de il Resto del Carlino di Ferrara: "Roberto – ha esordito – era un raffinato, colto e acuto osservatore dei fatti quotidiani, dal costume alla cronaca nera. Nei suoi articoli sul Quotidiano Nazionale convivevano il poeta, il professore, il romanziere e, appunto, il cronista: immancabili i riferimenti ai Classici e alla Bibbia, da lui considerato giustamente un grande libro sapienziale ricco di vera umanità. Era capace di andare oltre la cronaca per dare universalità e ampio respiro a suoi scritti, elevandosi dalla quotidianità e dalle sue piccolezze. Non a caso, una volta disse: ‘Il giornalismo si nutre di attualità ma la letteratura muore di attualità, di contingenza, di mode, di rumori che fa il nulla, perché il tutto della prima pagina precipita nel nulla del giorno dopo". Una amara verità. “Di questa sua collaborazione con QN-il Resto del Carlino – ha concluso Bendin – Pazzi andava fieramente orgoglioso".

In apertura, l’assessore alla Cultura del Comune di Ferrara, Marco Gulinelli, ha ricordato il suo primo incontro con lo scrittore, le serate a casa sua parlando di libri e le sue "preziosissime lezioni": "Difficile immaginare la nostra città senza Roberto – ha detto – ma lui vive nei suoi scritti, nelle sue opere e nei nostri ricordi personali e questo festival della poesia, che spero verrà confermato e che a lui abbiamo voluto dedicare, rappresenta un segno tangibile dell’amore che Ferrara ha avuto e ha per lui".

Commoventi e ricche di emozioni vere le parole di Gabriele Via, poeta, attore, pittore e fotografo: "Saluto Roberto Pazzi da poeta. Sul crinale tra il rigore e il furore, tra la responsabilità geometrica e la libertà spirituale. Un ricordo di relazione umana e artistica – ha detto – , che risale al 2006, e si è nutrito di entusiasmo, studio, ascolto, e condivisone di passioni artistiche. Un ricordo che si vuole fare desiderio, una testimonianza che si vuol fare profezia. Evocando quel bambino della ‘bicicletta’ (il mio amico Bruno) che non ha mai più smesso di giocare".

La sera prima, Via era stato protagonista, al Teatro Cortazar, di un recital tratto dall’opera poetica di Pazzi, con un intreccio musicale seguito dal vivo da Biagio Labanca alla chitarra e interventi estemporanei a braccio nei quali l’amico e attore ha esaltato, sottolineato, talora raccontato o spiegato, diversi aspetti ora nascosti ora dormienti ora cifrati fra i versi, "leggendo la poesia con la poesia", riconoscendo a quella del celebre poeta "piena cittadinanza tra i classici e insieme quel carattere locale, vicino, quotidiano, per chi a Ferrara vi si può riconoscere come concittadino".

Intenso e coinvolgente anche il ricordo personale di Francesca Capossele, docente e autrice, amica di lunga data di Pazzi: "Roberto, che io chiamavo Rob – ha esordito –, era per me un amico carissimo. Oggi parla di poesia, ma niente di ciò che posso dire eguaglia neppure lontanamente le parole che avrebbe trovato lui per descrivere i poeti e la parola della poesia. Roberto è stato uno degli ultimi scrittori a scrivere la propria vita come se fosse il romanzo più riuscito. Lo onoro così. Nel ricordo del vino bevuto insieme, delle parole dette e rinnegate, degli abbracci e della malinconia lasciata all’assenza. Il resto è opera della morte, per la quale le parole sono sempre inutili, qualche volta dannose".

"Roberto – ha aggiunto – amava dire e scrivere che gli uccelli sono le dita di Dio, senza la tirannia dell’immagine e della somiglianza, ma, nel suo ultimo libro, La doppia vista, edito da La Nave di Teseo, un uccellino dalla voce stridula diventa il messaggero della morte. Di lui io, oggi, voglio ricordare il suo amore per la vita, non il dolore per la fine. Roberto condivideva con i grandi poeti l’idea che la vita fosse soprattutto desiderio, una sete che non si spegne mai, fino a quando il nostro cuore continua a battere. È così che lo penso – ha concluso Capossele – con il cuore che ancora batte".

re. fe.