La sfida dell’integrazione: a 15 anni aggrappato al barcone, ora ha un’impresa che dà lavoro

Durim Cillnaku, 48 anni, albanese: "Se innalziamo muri trasformiamo dei disperati in delinquenti, facciamo nascere l’odio"

Durim Cillnaku, 48 anni, durante un vertice nella sua azienda che dà lavoro a 110 persone

Durim Cillnaku, 48 anni, durante un vertice nella sua azienda che dà lavoro a 110 persone

Ferrara, 23 aprile 2023 – Durim Cillnaku , 48 anni, ha lasciato l’Albania quando aveva 15 anni. Poco più di un bambino aggrappato con la forza della speranza su uno di quei barconi che sotto gli occhi del mondo arrancavano nel mare, malandate carrette, la prua rivolta all’Italia. Era il 1991, sono trascorsi 32 anni. Cillnaku è al vertice di un’impresa, iscritta alla Cna, che ha 110 dipendenti. Dalla carretta in bilico tra le onde ad amministratore del Gruppo Clima, che si occupa d’installazione e manutenzione di caldaie e condizionatori. Ha frequentato nelle tappe per costruirsi un domani e un futuro le superiori a Bari – sembra un’altra vita –, si è laureato in economia all’università a Bologna. E’ stato cameriere, lavapiatti, aiutocuoco. Poi specialista per un fondo di investimenti. Adesso imprenditore. Ha due bambini, che adora.

Il suo attracco in Italia?

"Il porto di Brindisi"

Dall’Albania è approdato nel nostro Paese quando era ragazzino, adesso è un imprenditore di successo. Come ha fatto?

"Quando varchi il mare a 15 anni nulla ti può fare più paura"

Sono trascorsi anni, tanti ragazzi lasciano il loro Paese come ha fatto lei per venire in Italia. Come mai?

"Sono disperati, partono perché sono spinti dalla disperazione"

Lei si è integrato, ha creato un’azienda. Come ha fatto?

"Nessun segreto. Bisogna integrarsi il più possibile. Purtroppo ora come in quegli anni, negli anni Novanta, assistiamo alla riproposizione di un pregiudizio. Secondo questo pregiudizio essere uno straniero equivale ad essere un delinquente, un criminale. Molti pensavano così negli anni Novanta, molti pensano di nuovo così adesso. Allora si creava la paura dell’altro, dello straniero per raccogliere consenso politico. Anche adesso si è riproposto lo stesso scenario. Questo non va bene"

E invece, cosa bisogna fare?

"Se si alzano muri, se si trattano le persone che arrivano, che sbarcano qui come criminali allora si creano dei criminali. Finiranno per avere il cuore duro, si caricheranno d’odio perché non sono stati accolti. Bisogna invece aprire le braccia, accogliere"

Lei come è stato trattato?

"Io sono diventato così, ho avuto successo certo perché mi sono dato da fare ma anche perché sono stato bene accolto, ho trovato persone che mi hanno aperto le porte, sono stato aiutato. Ho ricevuto proprio nel momento in cui avevo più bisogno. Se invece respingi generi odio, rancore. Le persone respinte si attaccano a condizioni di marginalità, non si integrano. Così sì si rischia di trasformare disperati in cerca di speranza in delinquenti, reietti"

L’Italia, come si trova?

"Non volterei mai le spalle all’Italia, la mia Italia. Qui sono diventato un imprenditore e qui continuerò a fare l’imprenditore"

Ha portato reddito, posti di lavoro

"L’economia può essere un circuito virtuoso. L’Italia sta invecchiando, la popolazione sta invecchiando. Servono forze nuove, un apporto. Così come sta avvenendo da altri paesi. Mi piace usare una metafora per far capire il mio ragionamento. Se hai la benzina e la metti nel serbatoio dell’auto, l’auto cammina, il paese progredisce, si arricchisce di questa benzina. Se la bruci, dai fuoco all’auto. A chi serve? A nessuno. Non va bene respingere. Credo che nessuno di noi nasca cattivo, la cattiveria ti cresce dentro se ti trovi davanti muri, lo steccato dell’odio".