Tamberi oro a Tokyo, il dottore che l'ha operato "Ricostruito qui dopo l’infortunio"

Francesco Lijoi dal 2017 lavora al Fisiology di Forlì: l’operazione alla clinica Malatesta Novello di Cesena Il ‘grazie’ dell’olimpionico in tv. "Mi ha chiamato da Tokyo e mi ha detto ’ce l’abbiamo fatta insieme’"

Francesco Lijoi, 68 anni

Francesco Lijoi, 68 anni

Forlì, 2 agosto 2021 - "Gianmarco mi ha videochiamato da Tokyo, ha detto ‘ce l’abbiamo fatta tutti insieme’. L’ho sentito molto felice". Francesco Lijoi, 68 anni (per 14, fino al 2016, primario di Ortopedia e Traumatologia all’ospedale Pierantoni-Morgagni di Forlì), è stato raggiunto dalla notizia più bella: "Ho visto la gara del salto in alto in vacanza a Soverato, nella mia terra d’origine, la Calabria". Già prima della chiamata, Gianmarco Tamberi, fresco campione olimpico, l’aveva ringraziato in tv: "L’ho sentito", sorride orgoglioso il dottore. Lijoi è colui che ha operato Tamberi il 26 gennaio 2017, alla clinica Malatesta Novello di Cesena. C’è anche lui, nella medaglia d’oro che ieri ha commosso l’Italia: "Ho operato molti sportivi, ma mai un campione olimpico. Credo che Gianmarco sia anche l’ultimo, ho una certa età...", scherza. Cominciamo dall’inizio. Lei sapeva chi fosse Tamberi prima di operarlo? "Sì. Mi piace l’atletica, la regina di tutti gli sport". Perché arrivò da lei? "Perché il primo intervento, dopo l’infortunio a poche settimane dalle olimpiadi di Rio, aveva lasciato qualche fastidio alla caviglia. Sembrava a posto, ma questo piccolo problema non passava. Erano passati circa venti giorni da quando avevo lasciato l’ospedale, uno dei primissimi pazienti che ho visitato al Fisiology". Fin dall’operazione Tamberi mostrava di voler puntare a Tokyo? Anche il gesso portato in pista ieri è quello fatto dalla sua clinica. "Assolutamente. Lui ha sempre saputo che questa doveva essere la sua Olimpiade, dopo aver perso quella di Rio. Sono incredibili i sacrifici che fanno questi ragazzi, una vita d’inferno per giocarsi anni di sacrifici magari in 4-5 secondi. Stavolta davvero il lavoro ha pagato". Lei ha continuato a seguire Tamberi anche dopo? "Alla riabilitazione ha lavorato il personale del Fisiology, a partire da Fabrizio Borra. Ma anche il nostro rapporto è continuato, faccio parte di uno staff che lo segue con continuità. È stato complicato". Essendo doppiamente coinvolto, con che spirito ha seguito la gara? "Molto teso...". Però fiducioso...? "Sapevo che Gianmarco era a posto. Ma a questo livello entrano in gioco tantissimi fattori. Ha saltato 2 metri e 37 centimetri, mancando solo, alla fine, 2 e 39 che era il suo record pre-infortunio. Ma ci rendiamo conto? Bisognerebbe trovarsi sotto quell’asticella, fissata lassù, per capire quanto sia veramente alta... Sono misure stratosferiche. È stata la gara più bella della sua carriera". L’ultima volta che vi eravate sentiti? "Poco prima che partisse per Tokyo. Avevamo fatto un check, una rifinitura, trattando un piccolo problema al tendine d’Achille. Il nostro lavoro è stato prima quello di ricostruirlo, poi di portarlo al massimo per questa gara. Nei giorni successivi mi scriveva, mi rassicurava: ‘tutto bene, sono carico’. Il padre Marco me lo aveva confermato". Com’è l’uomo Gianmarco? "Credo che si sia visto anche in tv: ha un carattere solare, luminoso. Era spontaneo quando si congratulava per i salti dei suoi avversari. È stata una grande fortuna, per me, incontrarlo. Una persona che credo farà strada anche nella vita, quando smetterà con le gare. Perché in questi anni ha avuto una grandissima crescita mentale, ha sofferto tanto".