Imola, l’arte del fumetto secondo Vittorio Giardino

Il celebre disegnatore spiegherà l’arte d’inventare storie attraverso le immagini

Vittorio Giardino sarà alla Biblioteca di Imola

Vittorio Giardino sarà alla Biblioteca di Imola

Imola, 21 maggio 2019 - Quando si argomenta sull’arte del narrare il pensiero plana inevitabilmente su autori quali Balzac e Flaubert, Céline e Faulkner, Moravia e Calvino. Un campo esplorato di recente da James Salter che con una prosa senza fronzoli ha dedicato un saggio all’argomento apprezzato dalla critica. Il confronto tra le tecniche differenti con cui della narrazione possa occuparsi uno specialista creativo che indaghi altri ambiti, dal poeta, all’inventore, allo scrittore, al fumettista è il tema plurimo della rassegna “Le diverse forme del narrare, vivere la scrittura”, curata da Andrea Pagani, ospitata nella Biblioteca Comunale di Imola. L’ultimo dei sette appuntamenti, intitolato “Narrare il fumetto”, fissato per martedì 21 (20.30), ha per protagonista Vittorio Giardino, autore di celebri saghe-graphic novel come “Sam Pezzo” che è genere hard-boiled, la spy-story di “Max Fridman” e “Jonas Fink”, il giovane askenazita del dopoguerra praghese. Opere tradotte in quattordici lingue.

Giardino, lei più che fumetti disegna romanzi, trattando temi universali che abbagliano per l’idea e per il tratto come l’odio, la giovinezza, la guerra, l’invidia…

«Aggiungiamoci l’erotismo con “Little Ego” e l’amicizia. Sì, è quello che tento di fare usando non solo le parole, ma anche le figure».

Come si può narrare un fumetto?

«Intanto va stabilita la differenza tra un libro come “Moby Dick” illustrato da Battaglia e un fumetto come Paperino. Non tutti sanno marcarne i confini. È il motivo per cui mi sono inventato una definizione: se leggo un libro con figure ad alta voce e l’interlocutore capisce la vicenda, quello è un libro illustrato. Se faccio la stessa cosa e l’interlocutore non capisce, quello per me è un fumetto».

Nel senso che l’immagine può avere un valore artistico maggiore di un testo?

«È così, nel fumetto è talmente connessa col gesto che senza l’immagine non si capisce che cosa succede».

Dunque…?

«La narrazione del fumetto prende dal cinema e ancor più dal teatro perché è qualcosa di veramente visuale. Sono cose imprescindibili».

Da maestro della letteratura disegnata a livello mondiale, ha mai pensato di scrivere un romanzo corredandolo di qualche illustrazione?

«Ci sto pensando, anche se non sarebbe nemmeno un libro illustrato, ma uno strano ibrido che mescolerebbe parti di scrittura con parti di fumetto vero e proprio».

Funzionerebbe?

«Non è detto. Ma non ho la competenza né l’abilità né l’ambizione di fare lo scrittore. Le parole sono come le anguille che sfuggono da tutte le parti, non è facile tenerle a freno. Vorrei tentare di non fare libri inutili».

Il personaggio a cui si sente più vicino?

«Non posso che risponderle come Flaubert: io sono tutti i miei personaggi».

Il più somigliante?

«Dicono sia Max Fridman, spia riluttante in giro per l’Europa che conserva (beato lui) i suoi capelli biondo-rossicci».

Quale le piacerebbe trasferire sul grande schermo?

«Dico ancora il vecchio Fridman, in veste di testimone. Ma si tratta di vicende in costume ambientate prima della guerra, sarebbe costoso».

Ha mai sognato di fare il regista?

«No, al massimo potrei scrivere di un soggetto o una sceneggiatura. Quello è un mestiere complicato per cui non ci s’ improvvisa. L’anno scorso è stato presentato un documentario sulle mie creazioni al Docufilm Festival di Bologna. L’hanno premiato e hanno prodotto un dvd, ma dopo un numero interminabile di tagli e aggiustamenti».

Il momento più esaltante del suo lavoro?

«Appena abbozzata la storia comincio a fare lo schizzo del personaggio. Quando ho l’impressione d’aver trovato la vera fisionomia non è la faccia che avevo progettato, ma è la sua, al punto che quella faccia mi dice: “guarda che quelle battute non sono vere, io non parlo così”. È il momento di delirio che ti fa sembrare di essere Dio perché hai creato un universo attorno a te. Peccato che duri poco, qualche ora, un giorno. Poi ci calmiamo. Tutti e due».

Le novità?

«Sono al lavoro su un libro ambientato nella Vienna del ’39, dove non c’è una stazione ferroviaria più antica degli anni 50. Dovrò cercare nel guazzabuglio del web».

Il relax quotidiano?

«Vado avanti con “Vacanze fatali”, storielline tra noir e ironico contemporanee».