Ferrari, altri guai: deve mezzo milione all’Ausl

La Corte dei conti condanna l’ex primario di Radiologia a un maxi-risarcimento. Il procedimento penale è invece fermo in Appello

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di Enrico Agnessi

Guido Ferrari, ex primario di Radiologia condannato nel 2018 a quattro anni di carcere per aver utilizzato per fini privati apparecchiature e personale in dotazione al reparto dell’ospedale Santa Maria della Scaletta, dovrà versare nelle casse dell’Ausl di Imola quasi mezzo milione. Così ha stabilito la Corte dei conti – Sezione giurisdizionale regionale per l’Emilia-Romagna, che ha quantificato appunto in 495.882,19 euro la somma che Ferrari dovrà corrispondere all’Azienda sanitaria per la quale ha lavorato fino al 2015. La Procura aveva chiesto il pagamento, a titolo di risarcimento del danno patrimoniale causato, l’importo complessivo di quasi 1,2 milioni di euro.

I magistrati contabili si sono mossi sulla base della vicenda giudiziaria, oggi in attesa di un pronunciamento della Corte di appello, che ha visto l’ex primario di Radiologia finire alla sbarra con l’accusa di aver utilizzato mezzi e risorse dell’Ausl di Imola per finalità private traendone un ingiusto guadagno e provocando un relativo danno erariale alla pubblica amministrazione.

In estrema sintesi, secondo la tesi dell’accusa accolta dai giudici del tribunale di Bologna, Ferrari ha commesso vari illeciti sul fronte della libera professione esercitando in altre cliniche quando avrebbe dovuto lavorare in via esclusiva per l’Ausl. Ferrari, che era a processo insieme ad altre sei persone (medici o responsabili di case di cura) e alle strutture stesse, avrebbe in sostanza svolto un’attività parallela di refertazione esami avvalendosi di alcune impiegate amministrative e degli strumenti dell’Azienda sanitaria imolese. Inoltre, avrebbe simulato lo svolgimento dei compiti istituzionali di primario di Radiologia mentre invece impiegava la giornata lavorativa per altre attività di refertazione.

I fatti contestati andavano dal 2003 al 2012, ma sono stati dichiarati prescritti, con non luogo a procedere, quelli fino al luglio del 2009. Inizialmente, i capi d’accusa erano, a vario titolo, truffa, falso e abuso d’ufficio. Poi il tribunale li aveva riqualificati, al momento del rinvio a giudizio, in falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale e da privato in atti pubblici.

I giudici, nel 2018, oltre alla condanna di quattro anni per Ferrari avevano anche disposto il risarcimento in sede civile a favore dell’Ausl di Imola, alla quale erano stati assegnati in via provvisionale 90mila euro, mentre altri 40mila euro erano andati alla Regione, sempre a risarcimento del danno. Ferrari, come già accennato, non lavora più da tempo per l’Ausl di Imola. Si è infatti dimesso nell’estate del 2015, poche settimane dopo l’apertura dell’inchiesta da parte della magistratura, che ne dispose l’interdizione dal servizio per dodici mesi dopo la sospensione decretata dall’Azienda sanitaria stessa.

Già al momento della notifica dell’avviso di garanzia, nel 2012, l’ex primario era stato sospeso, sempre dall’Ausl, dall’incarico di direttore del Dipartimento servizi intermedi e l’Azienda sanitaria avviò nei suoi confronti anche un procedimento disciplinare. Contestualmente, Ferrari lasciò anche la vita politica: all’epoca era infatti consigliere comunale di maggioranza eletto nelle liste del Pd.