ANDREA PADOVANI*
Cronaca

Il professor Padovani: "Quanta indignazione sull’Archivio di Stato. Il Comune intervenga"

L’esperto docente ordinario di Storia del diritto medievale e moderno "Si priva la comunità di documenti d’altissimo valore, bisogna impedirlo. Gestire questo patrimonio non è un affare paragonabile alla contabilità".

Il professor Padovani: "Quanta indignazione sull’Archivio di Stato. Il Comune intervenga"

Il professor Padovani: "Quanta indignazione sull’Archivio di Stato. Il Comune intervenga"

La notizia della chiusura della sezione della sezione d’Archivio di Stato di Imola non può non sollevare grave indignazione tra gli studiosi italiani e stranieri (si pensi, per questi ultimi, almeno a John Larner, Ian Robertson, Dieter Girgensohn) nonché tra il pubblico, sempre più interessato all’imponente documentazione che custodisce la memoria della nostra città e del territorio circostante dal secolo dodicesimo fino al Novecento. La prospettiva – quasi spettro incombente – di trasferire le pergamene e le carte addirittura all’Archivio di Stato di Modena replica quanto già avvenne tra il 1927 ed il 1945 riguardo al preziosissimo archivio di Santa Maria in Regola, spostato d’autorità a Propaganda Fide in Roma. Con ciò privando la nostra comunità di un complesso documentale d’altissimo valore, perché relativo ad un monastero benedettino tra i maggiori dell’intera regione emiliano-romagnola. Di fatto, lo spostamento nella capitale di quei documenti ha comprensibilmente e inevitabilmente ostacolato la loro valorizzazione, possibile soltanto tramite una consultazione diretta del materiale, mai attraverso riproduzioni microfilmate. Come, del resto, ben sanno gli studiosi esperti di paleografia. Per questo motivo è assolutamente necessario che l’amministrazione comunale intervenga, col sostegno delle associazioni e degli enti competenti, a impedire una così grave spogliazione del nostro patrimonio culturale. Le pronte e ferme dichiarazioni rilasciate alla stampa dal sindaco Panieri costituiscono un primo, incoraggiante segnale in tal senso: ma è necessario che alle parole seguano fatti concludenti, e in tempi rapidissimi. La decisione di sopprimere la sezione d’archivio imolese è giustificata principalmente dai costi d’esercizio, gravati dal pagamento del canone d’affitto e dagli stipendi al personale che vi lavora. Sebbene importanti, le valutazioni di merito non possono, però, ridursi al solo aspetto economico. Gestire il patrimonio culturale – va detto, qui, con forza – non è affare paragonabile alla contabilità di una impresa con scopi di lucro, checché se ne sia pensato a partire dagli ultimi decenni. C’è di mezzo molto altro: starei per dire che va evitata la sciagurata, impressionante prospettiva di una ‘sindrome collettiva d’Alzheimer’. Quella malattia, per intenderci, che ruba i ricordi di quanti, senza colpa, ne sono affetti. Ma qui la colpa vi può essere soltanto da parte di coloro che non alzassero la voce per impedire che l’intera città sia privata dei suoi ricordi. Perché solo nella memoria (c’è proprio bisogno d’invocare s. Agostino?) si dà la consistenza dell’essere: del nostro essere, del nostro spirito di cui oggi, più che mai, abbiamo disperato bisogno per non perderci e affondare nel nulla.

* Professore, già ordinario di Storia del diritto medievale e moderno, Università di Parma e di Bologna; docente di Storia del diritto canonico, Facoltà di diritto canonico S. Pio X, Venezia.