La prima Venezia di Cecilia Bertozzi "Comandante, un film dal respiro antico"

L’attrice, cresciuta a Imola, è parte del cast dell’opera di Edoardo De Angelis: "Amo il cinema in cui la storia si fa presente"

di Filippo Donati

Primo tappeto rosso alla Mostra del Cinema per la 27enne Cecilia Bertozzi, attrice originaria di Brisighella ma cresciuta a Imola, a Venezia con Comandante di Edoardo De Angelis, film con protagonista Pierfrancesco Favino, che interpreta il comandante Salvatore Bruno Todaro, il quale nel 1940, disobbedendo agli ordini, trasse in salvo ventisei passaggeri belgi della nave che lo aveva appena attaccato. Salvò loro la vita a rischio del sottomarino, che dovette compiere il viaggio di ritorno in emersione, col rischio di finire nel mirino.

Cecilia Bertozzi, un budget di 15 milioni di euro e scenografie a dir poco ciclopiche, al punto che tutti hanno pensato: ’è tornata Cinecittà’. E’ così?

"Noi attori per primi ci siano resi conto una volta arrivati sul set – davanti al sottomarino da 70 metri, alle macchine del vento, agli effetti speciali per ricreare le tempeste oceaniche – della portata del film cui stavamo prendendo parte. Film dai tempi solenni, dal respiro antico".

Il film ha sollevato le prevedibili controversie, eccezionalmente bipartisan: per alcuni militarista, per altri propagandista.

"Todaro viveva in un tempo controverso, ed era un uomo figlio del suo tempo. È un eroe, ma non un eroe ’banalmente positivo’ alla Henry Fonda. Detto questo, non siamo qui per fingere di non vedere il richiamo all’attualità che questo film porta naturalmente su di sè. Todaro è un comandante della Marina le cui gesta vengono raccontate in un’epoca, la nostra, in cui i comandanti della Marina e della Guardia Costiera salvano vite in mare a ritmi di centinaia alla volta".

Tutti abbiamo letto delle sue precoci esperienze teatrali a scuola, a Brisighella, e poi al liceo di Imola. Verso quale cinema fa rotta una formazione come la sua?

"Non ho avuto tempo di domandarmelo. Credo di appartenere a un cinema dall’impronta documentaristica, in cui la storia si fa presente. Ma vivo ancora un capitolo della vita in cui è il cinema a sceglierti. Senza dimenticare che un film come Comandante sarebbe stato impronosticabile per chiunque fino a pochi anni fa".

Che Mostra del Cinema è quella di quest’anno?

"Impossibile non notare come altri film, oltre a Comandante, scelgano di affrontare i grandi temi della storia che si srotola sotto i nostri occhi, penso ad esempio a Io Capitano di Garrone. Ma c’è anche un forte sguardo sui corpi, come in Bête di Bonello, nei toni intimistici con cui The featherweight racconta la vita del pugile Willie Pep, o in Povere creature! di Lanthimos, film che richiama i suoi primi graffianti lavori greci".

Gli impegni di lavoro l’hanno già trascinata lontano da Venezia. Quali film si rammarica di più di non poter intercettare?

"Quelli di cui non conosco ancora il nome. In passato il mio rituale veneziano coincideva con un pellegrinaggio tra i film degli autori della sezione Orizzonti che non avevo mai sentito nominare, e che avrei faticato di più a vedere in un cinema. La sensazione era quella di naufragare nello stupore".