Cannabis light, il vescovo: "Caro questore, fa bene a battersi contro la sua diffusione"

La lettera aperta ad Antonio Pignataro

Il vesovo Nazzareno Marconi

Il vesovo Nazzareno Marconi

Macerata, 14 maggio 2019 - "Caro questore ritengo che il suo impegno nella lotta contro la diffusione “legale” della cannabis e cioè la marijuana sia da sostenere con fermezza".  Così il vescovo Nazzareno Marconi che ha voluto indirizzare al questore di Macerata Antonio Pignataro una lunga lettera aperta di solidarietà e sostegno.

Papa Francesco nel giugno 2014: “Vorrei dire con molta chiarezza: la droga non si vince con la droga. La droga è un male, e con il male non ci possono essere cedimenti o compromessi. Le legalizzazioni delle cosiddette “droghe leggere”, anche parziali, oltre a essere quanto meno discutibili sul piano legislativo, non producono gli effetti che si erano prefisse”. E ancora San Giovanni Paolo II, già nel 1991: «Non si può parlare della “libertà di drogarsi” né del “diritto alla droga”, perché l’essere umano non ha il diritto di danneggiare sé stesso». E poi Roberto Colombo, docente di Neurobiologia e Genetica umana presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università Cattolica a Roma.

“A chi sostiene che non è moderno e al passo con le idee della comunità internazionale proibire la cannabis – incalza ancora il vescovo -, uno scienziato come Silvio Garattini, presidente dell’Istituto Farmacologico Mario Negri di Milano, ha risposto : “Ogni Stato decide per sé e se uno Stato legittima l’impiego di sostanze che danneggiano la salute dei suoi cittadini questo non significa affatto che tutti gli altri debbano seguirlo nel suo errore. Io parlo da scienziato ovviamente, ed è alla salute delle persone che penso: la verità scientifica ci dice che la cannabis è rischiosa e che causa danni,lo ripeto, soprattutto nei giovanissimi che ancora hanno un sistema cerebrale in via di sviluppo. In più sappiamo che l’uso di cannabis aumenta di molto la probabilità che si passi all’uso di droghe più pesanti”.

L a disinvoltura di alcuni mezzi di comunicazione per il vescovo “ha diffuso in molti la convinzione della cosiddetta canna come sostanza inoffensiva”. ‘Fa più male l’alcol quando ci si sbronza’ si dice, come se il problema fosse di scegliere il meno dannoso di due veleni, dimenticando il particolare, non proprio irrisorio, che entrambe le sostanze avvelenano l’esistenza umana”. “Macerata – spiega ancora - è città universitaria e questo significa che come città abbiamo tutti la responsabilità, non solo di comunicare nozioni, ma di “educare” un numero significativo dei giovani che saranno la futura classe dirigente del Centro Italia. Favorire per loro uno stile di vita che renda facile e normale sbronzarsi ogni giovedì sera e affrontare la fatica delle tensioni e delle inevitabili prove della vita fuggendo nelle droghe più o meno velenose, è una responsabilità grave verso il loro futuro e quello del nostro paese, di cui i maceratesi onesti non dovrebbero caricarsi”.

“La cosa più pericolosa non è la concentrazione in milligrammi della sostanza assunta, dall’alcol alle droghe, ma l’assunzione della mentalità del “tossico”. Poi l’aspetto economico: “Mi permetto un’ultima notazione, che giunge dalla sapienza dei latini: una domanda da farsi in questi casi è “cui prodest?”, chi ci guadagna e quanto dall’operazione “cannabis light” e relativi negozi? Papa Francesco cita sempre un proverbio: «Il diavolo entra nel cuore dal portafoglio”. Non credo sia giusto vendere il futuro dei nostri giovani per nessuna cifra”. Carissimo signor questore – conclude il vescovo Marconi -, per quello che posso fare in questo campo dico a Lei ed a tutti gli uomini di buona volontà del Maceratese, che io sono con voi”.