"Dopo il trapianto sono tornata a vivere"

L’insegnante Rossella Rossi ha ricevuto due reni: non conosco i familiari del donatore, ma voglio esprimere tutta la mia riconoscenza

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di Paola Pagnanelli

"Il trapianto crea un ponte, una continuità tra chi non c’è più e chi rischia di non esserci più; è una vita che continua a germogliare dentro un’altra vita". A quasi due mesi dal trapianto dei reni, Rossella Rossi, insegnante di Montelupone, racconta la sua esperienza per ringraziare i medici e i familiari del donatore, "che non conosco ma a cui, se fossero d’accordo, vorrei esprimere la mia riconoscenza".

Quando è iniziata la malattia?

"Quaranta anni fa ho scoperto di avere il rene policistico, una malattia ereditaria. A 60 anni, tre anni fa, ho dovuto iniziare la dialisi".

In cosa consiste la terapia?

"La dialisi salva la vita, ma è pesante. Tre volte alla settimana, quattro ore ogni volta, dovevo essere attaccata alla macchina per lavare il sangue. Alla fine ci si sente spossati. La vita si modifica molto. Non si può saltare mai l’appuntamento. Ho provato a fare le vacanze, ma bisogna sempre trovare un posto che abbia un punto dialisi vicino, prenotare, non sempre è possibile".

Come è andata quando le hanno detto della possibilità di un trapianto, a giugno?

"Ho accolto benissimo la notizia, con emozione e anche paura. Ero stata già chiamata da Ancona un paio di volte, ma poi non era andata a buon fine. Devono esserci compatibilità di gruppo sanguigno, di dimensioni, e altre cose. Questa volta ho avuto la sensazione che sarebbe andata bene. Eravamo in Salento e siamo partiti subito per arrivare a Bologna prima possibile".

Ora come si sente?

"Ho ancora paura del rigetto, di avere ancora problemi come capita a qualcuno. Ma non faccio più la dialisi, posso mangiare quello che voglio, tante cose banali per me sono una riconquista. Sono tornata a vivere".

Cosa vorrebbe dire a chi ha permesso l’espianto?

"Non so nulla del donatore e mi farebbe piacere ringraziare la sua famiglia per la scelta che ha fatto. Sono riconoscente ai medici e al personale del reparto dialisi di Macerata e dell’ospedale Sant’Orsola-Malpighi di Bologna, per la professionalità e umanità. Ma soprattutto vorrei far capire l’importanza vitale di donare un organo, iscrivendosi all’Aido, o in occasione del rinnovo della carta di identità, o chiedendolo alla Asl, superando timori comprensibili ma molto spesso preconcetti. Chi non sta male non capisce, ma se una persona purtroppo deve andarsene almeno potrà avere un’altra forma di vita".