Macerata, va pagato agli infermieri il tempo per indossare la divisa

Il giudice dà ragione a 300 lavoratori dell’Area vasta 3: anche quello è lavoro, riconosciuti gli arretrati

Infermieri, il giudice: la vestizione fa parte del turno

Infermieri, il giudice: la vestizione fa parte del turno

Macerata, 4 luglio 2019 - Quando la vicenda emerse, diverso tempo fa, molti furono i commenti non propriamente simpatici, altri ci scherzarono sopra. Si tratta, invece, di una questione molto seria, visto che riguarda un diritto ora riconosciuto dai magistrati: il tempo per indossare e togliere la divisa, all’inizio e alla fine di ogni turno, deve essere riconosciuto come tempo di lavoro.

E, come tale, deve essere retribuito. Così ha sentenziato Giovanni Iannielli, giudice del lavoro del tribunale di Macerata, che ha accolto la richiesta di circa 300 lavoratori dell’Area vasta 3, soprattutto infermieri e operatori socio-sanitari, patrocinati dalla Cisl Funzione Pubblica delle Marche, tramite l’avvocato Diomede Pantaleoni del Foro di Macerata.

Questi, il 10 ottobre del 2014, avevano depositato un ricorso chiedendo che "venisse dichiarato che il tempo da loro trascorso per indossare e dismettere la divisa costituiva tempo di lavoro, pari a 20 minuti a turno o alla diversa misura oraria accertata".

Contestualmente chiedevano la condanna dell’Asur al pagamento di tutte le differenze retributive maturate. L’Asur si costituì in giudizio, eccependo la nullità del ricorso. Secondo l’Asur, infatti, il tempo della vestizione, facendo capo con quella che è l’obbligazione principale di un professionista quale è l’infermiere o altro soggetto sanitario operante in un contesto ospedaliero, che con ciò facendo si prepara alla sua prestazione, doveva ritenersi già remunerato dalla retribuzione ordinaria.  Quindi contestava anche che il tempo di vestizione non fosse retribuito e anche i tempi indicati dai dipendenti che avevano presentato il ricorso. Il giudice, però, ha recepito in pieno la richiesta dei dipendenti. In definitiva, ha evidenziato come le modalità esecutive delle operazioni propedeutiche di vestizione e svestizione sono imposte dal datore di lavoro, per cui si deve ritenere che queste operazioni «rientrano nel tempo di lavoro effettivo e, di conseguenza, il tempo ad esse necessario deve essere retribuito».

Accolta anche la richiesta di quantificare in 10 minuti in entrata e 10 minuti in uscita per ogni turno, i tempi per effettuare queste operazioni. Il giudice ha quindi condannato l’Asur al pagamento delle spese processuali, circa 16mila euro, ma anche a corrispondere tutti gli arretrati riferiti agli ultimi cinque anni, relativi ai tempi di vestizione e svestizione non pagati. E questo, inevitabilmente, avrà un peso non trascurabile sulle casse della sanità maceratese.

I sindacati esultano, l'Asur: così aumentano i costi

"La Cisl Marche, alla luce di questa importante sentenza, chiederà il riconoscimento di quanto dovuto per tutti i lavoratori con la divisa dell’Asur che sono quasi ottomila su tutti i tavoli sindacali e legali", sottolinea il segretario regionale della Funzione Pubblica Luca Talevi. "A noi non piace andare in tribunale. Mettiamoci intorno ad un tavolo e discutiamo, confrontiamoci. Siamo pronti anche a discutere di tutto, ma l’Asur e la Regione abbandonino un atteggiamento che non ha alcun senso. La loro posizione di non riconoscere e retribuire i tempi di vestizione e svestizione, che poi sarebbe più corretto definire passaggio di consegne, non sta in piedi. Sono ormai decine le sentenze in tutta Italia che hanno riconosciuto le ragioni dei dipendenti".

"Noi rispettiamo la magistratura e rispettiamo sempre le sentenze, sia quando sono a noi favorevoli, siamo quando sono contrarie», afferma Alessandro Maccioni, direttore dell’Area vasta 3 di Macerata. «Va però detto con franchezza e senza ipocrisia che questa sentenza aumenta il costo del lavoro, ha un impatto sul budget di risorse che abbiamo a disposizione e sulla base del quale abbiamo programmato la nostra attività. E questo, anche se non nell’immediato, potrebbe costringerci a ridurre il numero delle assunzioni che abbiamo previsto".