La chiamata al centro antiviolenza "Martedì doveva vedere un legale"

Sabato 19 dicembre Rosina Cassetti si era presentata nella sede di Macerata insieme con un’amica. Parlò di tensioni in famiglia e chiese di incontrare un avvocato. "Ma non era stata ancora presa in carico"

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di Chiara Gabrielli

Rosina Cassetti, uccisa a 78 anni in casa sua a Montecassiano il giorno della Vigilia di Natale, si era fatta coraggio e aveva chiamato il centro antiviolenza, sabato 19 dicembre. Era presto e l’appuntamento è stato fissato per la mattina stessa. Si è presentata al Cav di Macerata accompagnata da una cara amica. A quel colloquio informativo, che probabilmente sarebbe stato il primo di una lunga serie e ed è stato svolto da un’operatrice del centro, ha parlato di problemi all’interno del nucleo familiare, facendo capire che ci sarebbero state tensioni e rapporti complicati con le persone con le quali viveva. Rosy, durante quell’incontro, ha chiesto di vedere la legale del Cav, Egle Asciutti, e l’appuntamento era stato fissato per martedì 29 dicembre. Rosina non ha fatto in tempo a incontrare l’avvocato. La responsabile del Cav di Macerata, Elisa Giusti, fa subito chiarezza: "Il centro è uno sportello per donne vittime di violenza, che ne rispetta la privacy e le tutela, e non le obbliga a sporgere denuncia, anche perché spesso la denuncia è il primo passo di un percorso spesso lunghissimo e difficile. Bisogna considerare, poi, che durante le feste, e per di più in una situazione particolare di lockdown come questa, per la donna è ancora più difficile giustificare lo spostamento con il familiare convivente, e quindi la situazione è ancora più delicata. Rosina Cassetti non era stata ancora presa in carico, e ci tengo a dire che, da gennaio a oggi, tra i centri di Macerata, Castelraimondo, Porto Recanati e Civitanova, abbiamo ricevuto 175 donne, e non per tutte scatta la presa in carico". "Qualcuna – sottolinea Giusti – viene da noi soltanto per un colloquio e poi non si fa sentire per mesi. Alcune arrivano molto spaventate, ma anche in quel caso non sempre poi presentano la denuncia e noi non possiamo farla al posto loro. Non devono mai sentirsi obbligate a fare qualcosa che non vogliono. Da precisare che se poi una donna mostra una paura o ritiene di essere in pericolo, allora la invitiamo a mettersi in protezione". La responsabile del Cav tiene anche a precisare che il Cav non è un servizio per le emergenze e che invece per casi di emergenza bisogna sempre chiamare le forze dell’ordine. "Il Cav è un centro di ascolto e accoglienza – spiega –, dove si può venire per ricevere supporto psicologico, avere una consulenza legale o anche solo informazioni. Una donna viene da noi soprattutto per essere ascoltata, perché spesso non è creduta o quello che vive viene minimizzato". Mentre le indagini proseguono, al di là di cosa sia accaduto veramente in quella villetta di Montecassiano il 24 dicembre, c’è lo spazio per una riflessione. "Se una donna, a 78 anni, si rivolge al centro antiviolenza, significa che deve essere arrivata a una fase in cui non ce la fa più". Una volta, a un amico Rosy avrebbe riferito che la figlia l’aveva spinta, facendola cadere a terra. Rosina si sfogava coi vicini, e diverse persone che la conoscevano ora si stanno chiedendo se non avrebbero potuto fare di più per aiutarla. "Gli atteggiamenti omertosi non servono e non aiutano nessuno – fa notare Elisa Giusti –, specialmente quando si capisce che la situazione è arrivata al limite. Dopo, con il senno di poi, ci si stupisce sempre, si resta increduli e arriva lo choc, perché non si pensa mai che certe cose possano accadere a due passi da casa nostra, a qualcuno a cui vogliamo bene".