Le squadre a domicilio non ripartono "Ricade tutto sui medici di base"

Le nuove Usca restano sulla carta, l’ex coordinatore Corvatta: il peso dell’ondata grava solo su di noi "Lunedì scorso è stato il giorno in cui ho visitato più pazienti positivi dall’inizio dell’emergenza"

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di Franco Veroli

"L’attività delle Usca è cessata, ma le Uca qui da noi non sono mai nate. Non chieda a me il perché. Le posso solo dire che siamo in una situazione molto difficile. Lunedì scorso è stato il giorno in cui, da due anni a questa parte, ho visitato il numero più alto di positivi al Covid". Tommaso Claudio Corvatta, medico di base a Civitanova e a suo tempo coordinatore di una delle tre Usca (Unità speciali di continuità assistenziale) operanti sul territorio dell’Area Vasta 3, descrive un quadro a tinte fosche. "Siamo in grandi difficoltà. Le Usca andavano a domicilio e riuscivano a diagnosticare i casi gravi che ora, invece, arrivano direttamente ai medici di base, su cui grava l’intera gestione del paziente Covid. È vero che la stragrande maggioranza dei positivi non sono casi gravi, ma questi ultimi, in mezzo a tanti contagi, prima o poi vengono fuori". Anche perché a infettarsi "sono anche anziani che non escono mai di casa, contagiati, però da qualche membro della famiglia che vive una forte socialità". Come noto, le Unità speciali di continuità assistenziale (Usca), sono state istituite nel 2020 per fronteggiare la straordinaria situazione di emergenza causata dal Covid per consentire ai medici di medicina generale, ai pediatri di libera scelta e ai medici di continuità assistenziale, di garantire l’attività assistenziale ordinaria e curare a domicilio i malati di Covid che non avevano necessità di ricovero. Poi, vista la recrudescenza dei casi, ma anche l’efficacia di queste "squadre", è stato aumentato l’orario di servizio da sei a dodici ore giornaliere. Fino ad arrivare alla fine dello scorso giugno, quando le Usca, finito lo stato di emergenza, sono "scadute". La Regione ha chiesto una proroga fino al 31 dicembre 2022, ma questa è caduta nel vuoto. Così lo stesso assessore alla sanità, Filippo Saltamartini, ha proposto l’attivazione delle Unità di continuità assistenziale (Uca) con lo stesso personale, anche per alleggerire la pressione sui pronto soccorso delle Marche. Al personale medico è stata data la possibilità di continuare l’attività attraverso prestazioni in qualità di continuità assistenziale o attivando contratti co.co.co per la gestione domiciliare dei pazienti Covid e per la cura dei codici bianchi nei pronto soccorso delle Marche. Ma le Uca non sono decollate. Uno dei motivi – anche se non il solo – è di carattere economico. Lo ha spiegato lo stesso Saltamartini. "Grazie ai fondi statali i professionisti delle Usca venivano pagati 40 euro l’ora, mentre adesso, con i soli fondi regionale e secondo la tariffa prevista dal contratto, siamo dovuti scendere a 23 euro". Così rispetto alle 19 Usca, è nata solo una Uca. Il problema, come pure per la carenza di personale, è sempre lo stesso: se il governo nazionale non toglie il tetto di spesa le regioni hanno le mani legate.