Luoghi del cuore da ripensare senza perdere tempo

Franco

Veroli

Il centro storico, oltre che uno spazio fisico in cui si concentrano gli edifici del potere (laico e religioso), è sicuramente un luogo in cui si esprime il senso di appartenenza ad una comunità, frutto del vissuto dei tanti che l’hanno costruito e abitato nel corso dei secoli.

Le bellezze storiche, architettoniche e artistiche sono un patrimonio che ne specificano l’identità. E, quindi, in qualche modo, è anche un luogo del cuore. L’Italia ne conta tanti, così le Marche e la nostra provincia. Ma sono sempre più vuoti (specie d’inverno), oppure si riempiono solo occasionalmente, quasi a dire che la vita è altrove.

I centri commerciali

e l’e-commerce stanno falcidiando i negozi al dettaglio, in quasi la metà dei nostri comuni in centro non c’è più una banca, la necessità di rispondere ad esigenze di maggiore funzionalità ha spesso portato fuori dal centro anche uffici istituzionali e servizi importanti. Nei piccoli centri dell’entroterra la denatalità, l’emigrazione e il terremoto hanno fatto il vuoto, facendosi sentire anche su quelli più grandi dove, a spingere fuori i residenti, sono stati anche i costi esorbitanti delle abitazioni. Sono tutti effetti di processi di cambiamento di lungo periodo. Pensare di tornare alla situazione precedente è illusorio. Meglio guardare avanti, partendo dal recupero di quel senso perduto di comunità che ci ha visto chiuderci nell’individualismo:

è questa la condizione essenziale per ripensare il centro storico. Si può e si deve, tenendo conto anche delle opportunità offerte dalle nuove tecnologie e da modi diversi di pensare la residenza, la distribuzione e l’accesso a nuovi servizi, garantendo la fruibilità di tutte le bellezze

che in esso si conservano.

Ma bisogna agire subito. C’è

il rischio, infatti, come per la ricostruzione, di arrivare troppo tardi.