Macerata, solo Oseghale verso il processo per il massacro di Pamela

Cinque capi d’accusa per il nigeriano: c’è anche la violenza sessuale

Innocent Oseghale (Foto Calavita)

Innocent Oseghale (Foto Calavita)

Macerata, 13 giugno 2018 - Omicidio volontario, vilipendio di cadavere, distruzione o soppressione di cadavere, occultamento di cadavere, violenza sessuale: con cinque capi d’accusa per Innocent Oseghale, arriva la prima chiusura delle indagini sulla morte della diciottenne romana Pamela Mastropietro. Unico accusato, per la procura, il primo nigeriano arrestato a poche ore dalla denuncia di scomparsa della ragazza. Gli altri due, Lucky Desmond e Awelima Lucky, al momento sono esclusi da questa prima ricostruzione, finita in un capo di imputazione che è un catalogo degli orrori.

Sull'omicidio, il procuratore capo Giovanni Giorgio e il sostituto Stefania Ciccioli indicano Oseghale come unico esecutore: avrebbe ucciso la ragazza con le coltellate al fegato, dopo averle fatto battere la testa contro un corpo contundente. Per la procura, l’omicidio è aggravato dal fatto di essere stato commesso in occasione di una violenza sessuale. L’accusa di vilipendio di cadavere riguarda le mutilazioni e deturpazioni cui è stato sottoposto il corpo della diciottenne, mediante lo scuoiamento e lo smembramento con grossi strumenti da taglio.

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La procura indica anche le mutilazioni a varie parti del corpo, come le mammelle e il monte di venere, la scarnificazione del torace; i vari pezzi poi sono stati dissanguati e lavati con la candeggina. Ancora, la distruzione e sottrazione di cadavere è l’accusa mossa perché brandelli di pelle sono stati asportati dal collo, dal torace e dall’addome, e per la riduzione delle cosce e dello scheletro femorale: gesti che, per la procura, sarebbero serviti a eliminare le tracce dell’assassino dai resti della giovane, così come il lavaggio con la candeggina.

L’occultamento di cadavere è l’accusa relativa al fatto di aver messo i vari pezzi del corpo in due trolley, uno di Pamela, l’altro di Oseghale, e di averli poi abbandonati in via dell’Industria a Casette Verdini di Pollenza, grazie a una sorta di tassista chiamato appositamente per quel servizio. Infine c’è l’accusa di violenza sessuale. Per la procura, Oseghale avrebbe colpito Pamela alla testa per stordirla proprio allo scopo di violentarla. In ogni caso, dopo aver assunto per via endovenosa l’eroina fornita da Desmond, la ragazza sarebbe stata in condizioni di inferiorità psichica, tali per cui non poteva decidere in maniera consapevole e autonoma di avere rapporti sessuali con il nigeriano: in quello stato, un rapporto è comunque una violenza, per l’accusa.

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Su questa tesi, il giudice per le indagini preliminari e il tribunale del riesame non sono stati d’accordo con la procura, che però, come aveva detto fin dall’inizio, ha insistito fino alla fine su questa versione: l’omicidio sarebbe nato per nascondere le tracce della violenza sessuale, in base al fatto che Pamela non è morta di overdose, ha subito un rapporto sessuale e aveva assunto stupefacenti poco prima. A questo punto, il procedimento da parte della procura è praticamente concluso. A meno che la difesa non trovi elementi nuovi, o che Oseghale faccia rivelazioni che finora non ha fatto, per il nigeriano si prospetta un processo in assise con queste imputazioni.