Macerata, terremoto, ditte al lavoro senza vedere un soldo. "Così rischiamo il fallimento"

Il caso di Imperatori: cantiere da 140mila euro, ma lo Stato non paga

DELUSO Marco Imperatori

DELUSO Marco Imperatori

Macerata, 17 maggio 2017 - La provincia è piena di case puntellate, palazzi messi in sicurezza, aree urbanizzate per ospitare container e, se la ricostruzione decolla, ogni Comune diventerà un cantiere a cielo aperto. Eppure, paradossalmente, l’edilizia soffre più di prima. Tranne qualche impresa strutturata, che viene per lo più da fuori provincia o fuori regione, il terremoto non è «un’opportunità» per le piccole aziende del territorio, per la maggior parte a conduzione familiare. Anzi, qualcuno rischia di non riuscire più a pagare i fornitori perché deve ancora percepire un euro dallo Stato sebbene, subito dopo le scosse di fine ottobre, abbia lavorato per le amministrazioni pubbliche evitando crolli e spopolamento

Marco Imperatori, di Caldarola, ha una ditta specializzata in movimento terra, urbanizzazione, lottizzazione, asfaltatura e costruzione di condotte fognarie. Ha eseguito interventi da 140mila euro a Caldarola, per realizzare la cosiddetta «Caldarola 2», l’area all’ingresso del paese che ospita la scuola provvisoria, i moduli e i servizi essenziali. Con lui hanno lavorato anche idraulici ed elettricisti, e quindi altre aziende che non sono state pagate perché non sono arrivati i finanziamenti pubblici. «Ho più volte fatto pressione sull’assessore regionale Angelo Sciapichetti – spiega il sindaco Luca Maria Giuseppetti – perché ormai, quando dobbiamo effettuare anche piccoli interventi da 5 o 6mila euro, non abbiamo più imprese che dicono sì. Giustamente».

Oltre trenta sono le ditte che, nella sola Caldarola (paese di 1.800 abitanti), sono nella stessa condizione. «Ho iniziato a lavorare all’indomani della scossa – racconta Imperatori – preparando la piazzola per la caserma. Lavori da 140mila euro, per i quali non ho riscosso nulla, tranne una piccola parte dal Comune che li ha versati di tasca propria, perché altrimenti avrei rischiato il fallimento. Per accelerare i tempi, trattandosi di emergenza, avevo anche assunto qualche ragazzo. Quindi altre spese oltre all’acquisto di materiale dai fornitori, al gasolio per gli spostamenti. Ho lavorato anche per altri Comuni: stesso scenario. Idem con i privati, che aspettano i contributi regionali. È la prima volta che ho difficoltà a pagare i fornitori – conclude – non mi vergogno a dirlo. Mi aspettano solo perché mi conoscono. Io sono un piccolo artigiano, e la mia storia è quella di tutte le imprese edili e non solo del territorio. Non riusciamo ad accettare altri lavori dagli enti pubblici, perché finora ci sono state solo uscite, senza entrate».