"Quando suono qua sento qualcosa di forte"

Il trombettista Fabrizio Bosso stasera farà un omaggio alla leggenda Chet Baker: "Una musica che ti tocca"

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"Chet Baker era di casa a Macerata per la grande amicizia che lo legava a Paolo Piangiarelli, quando suono in questa città sento qualcosa di forte". Il trombettista Fabrizio Bosso non rimane indifferente al fascino del grande musicista e cantante americano scomparso nel 1988, che oltretutto suonava lo stesso strumento. Alle 21 di oggi l’Orto sul Colle dell’Infinito ospiterà Shadows: omaggio a Chet Baker, che vedrà insieme Bosso alla tromba, Julian Oliver Mazzariello al piano e l’attore Massimo Popolizio come voce recitante. La proposta è il secondo appuntamento di Lunaria.

Bosso, agli inizi chi era Chet Baker per lei ?

"Confesso che non è stato subito uno dei miei grandi amori. Ho iniziato a suonare lo strumento molto presto e da ragazzino ero affascinato da altri musicisti, penso a Clifford Brown, poi a 16-17 anni l’ho scoperto e ne sono rimasto affascinato".

Cosa le ha fatto scoprire?

"Che si può arrivare al cuore della gente con due sole note suonate con la giusta intensità".

Lo spettacolo che cosa le ha fatto scoprire di nuovo sul grande trombettista?

"Conosco bene la sua storia, ho suonato con tantissimi musicisti che lo hanno conosciuto. I suoi racconti e la sua musica ti toccano ed è emozionante suonare, anzi ti porta a farlo in un altro modo. Avviene un qualcosa di unico quando si è immersi nel clima dello spettacolo".

Come riuscite a far sì che nello spettacolo musica e parola vadano di comune accordo senza che una prevalga sull’altra?

"Grazie all’intelligenza e alla voglia di confrontarsi di Popolizio. Non è scontato perché a volte l’attore teme che la musica possa prevalere, con lui abbiamo immaginato dove io e Mazzariello avremmo suonato e gli spazi in cui lui avrebbe recitato, ma anche i punti in cui avremmo potuto interagire. Il testo è ovviamente sempre lo stesso, ma ogni volta cambia qualcosa perché ci sono punti in cui possiamo influenzare la recitazione e altri dobbiamo seguirlo quando lui mette enfasi, ecco in quei momenti diventiamo tre musicisti".

Qual è stata la caratteristica capace di rendere unico Chet Baker?

"Un suono così vicino alla voce. Lui cantava benissimo e i bravi cantanti lo prendono come riferimento. Sembra che non ci sia uno stacco quando finisce di cantare e inizia a suonare, cambia solo lo strumento".

Lei ha studiato musica classica ma cosa ha di speciale il jazz da averla stregata?

"Il fatto di poter scegliere quali note suonare e non essere obbligato a eseguire quelle scritte, insomma l’imprevedibilità. Prendiamo uno standard, lo si suona con la propria pronuncia e intonazione. In poche parole c’è sempre qualcosa di mio".

Lorenzo Monachesi