Dal paese a New York: "Spiccare il volo si può. Basta avere voglia e accettare i sacrifici"

Riccardo Mancini, 29 anni, da Monte San Martino passando per Londra e Budapest è approdato nella ’grande mela’ dove lavora per una banca prestigiosa: "Non mi considero un cervello in fuga, è un’opportunità"

Riccardo Mancini

Riccardo Mancini

Macerata, 9 aprile 2023 – “Crescere in un piccolo paese non è un limite invalicabile, come qualcuno potrebbe o vorrebbe far credere. Io sono cresciuto in un bell’ambiente che porto sempre dentro di me e dove, quando posso, fisicamente torno". Parola di Riccardo Mancini, 29 anni, che da Monte San Martino, uno dei più piccoli comuni della provincia di Macerata (698 abitanti), è arrivato a New York, dove lavora per una prestigiosa banca di investimento statunitense.

Come comincia la sua storia?

"Sono figlio di due operai di Monte San Martino, un piccolo grande paese. Mia madre lavorava nel calzaturiero, mio padre in un’azienda di lavatrici. Lì ho frequentato le elementari, una pluriclasse, e le medie. Poi ho frequentato il liceo scientifico a Fermo e giocavo con la locale squadra di calcio, la mia passione. Nel corso degli studi superiori ho maturato grande interesse per la matematica, soprattutto in termini di analisi. Dopo il diploma ho avuto la tentazione di iscrivermi al corso di laurea in Matematica o Statistica. Poi ho optato per Economia, nell’ambito della quale ho sviluppato un crescente interesse per la finanza. Ho scelto Ancona, non volevo allontanarmi da casa, anche perché giocavo ancora a calcio. Al tempo lavorare per una banca di investimento non era né un’ambizione né una speranza".

Poi, però, finita la triennale è subito partito…

"Sì. Mi sono reso conto che se avessi voluto proseguire su quella strada, quella della finanza, dovevo allargare il mio orizzonte ad un ambito europeo e internazionale. Però bisogna conoscere la lingua inglese. Grazie ad una borsa di studio della Monte San Martino Trust, una fondazione nata nel 1989 per volere di un signore inglese, Killby, come una sorta di ringraziamento ai contadini di contrada Barchetta che aiutarono lui e altri soldati inglesi dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, sono stato a Londra due mesi, dove ho frequentato dei corsi intensivi di lingua inglese. Poi sono entrato in una università svizzera a Neuchatel, dove ho fatto un master di specializzazione e dove ho conosciuto persone provenienti da tutta Europa. Ad un certo punto ho pensato di restare in Svizzera, anche perché avevo opportunità di lavoro".

Invece, che cosa è successo?

"Mi è capitata anche l’occasione di entrare a lavorare nella sede di Budapest di una banca di investimento statunitense. Ho deciso di andare. Sono rimasto a Budapest per tre anni, fino a quando il responsabile mi è stato proposto di trasferirmi a Londra o a New York. Sarà che la proposta è arrivata inaspettata, sarà che a Londra ero già stato e avevo voglia di una nuova esperienza, ho scelto di andare a New York, dove vivo dallo scorso settembre".

Che ruolo ha nella banca?

"Mi occupo della gestione dei rischi di mercato".

Che tipo di vita conduce nella «grande mela»?

"Una vita assolutamente normale. Devo dire che il lavoro mi prende molto tempo. New York, però, offre tanto, spettacoli, cinema, musica, locali di vario genere, direi che non ci si annoia".

Si considera un «cervello in fuga»?

"No, anche se in Italia, dove l’industria finanziar ia globale è meno sviluppata, avrei meno opportunità. Credo che l’esperienza di lavoro all’estero abbia un valore formativo molto importante, decisivo, al di là del tipo di lavoro che si svolge. E’ una straordinaria opportunità".

Tornerà in Italia?

"Per ora resto qui. In futuro non so. Magari se mi capitasse una bella occasione potrei pensarci".

Torna mai a Monte San Martino?

"Tutte le volte che ne ho la possibilità. Ho un legame molto forte con il mio paese e mantengo una bellissimo rapporto con la squadra di calcio. Certo, fino a quando sono rimasto in Europa era più facile, adesso è un po’ più complicato. Ma un paio di volte l’anno riesco a tornare. La morale della mia storia è che non è perché nasci a Monte San Martino o un altro piccolo paese sei condannato ad avere meno possibilità degli altri. Certo, serve voglia e sono necessari sacrifici. Ma non è il piccolo paese che ti impedisce di prendere il volo".