REDAZIONE MODENA

"Addio a monsignor Tinti, uomo di cuore"

Cattedrale gremita per l’ultimo saluto al vescovo emerito. Castellucci: "Eri cordiale, intelligente, sempre vicino al prossimo"

Cattedrale gremita per l’ultimo saluto al vescovo emerito. Castellucci: "Eri cordiale, intelligente, sempre vicino al prossimo"

Cattedrale gremita per l’ultimo saluto al vescovo emerito. Castellucci: "Eri cordiale, intelligente, sempre vicino al prossimo"

Monsignor Elio Tinti, vescovo emerito di Carpi, venuto a mancare martedì all’alba a 88 anni, ora riposa in quella che ha sempre considerato la sua ‘casa’, la sua ‘sposa’, ovvero la Cattedrale della città dei Pio, come lui stesso desiderava. "A Carpi (dove è stato vescovo dal 2000 al 2011, ndr) mi sono sempre sentito a casa, la stessa sensazione che provo ogni volta che torno", aveva detto una delle ultime volte che era tornato, accolto come ogni volta dal calore e dall’affetto dei cittadini. Quell’affetto che oltre 500 persone, tra cui le autorità civili, militari ed esponenti del mondo dell’associazionismo, gli hanno manifestato ieri pomeriggio in un gremito Duomo durante la messa esequiale, presieduta dal vescovo di Carpi monsignor Erio Castellucci e concelebrata dal vescovo emerito monsignor Francesco Cavina e dal vescovo emerito di Forlì-Bertinoro monsignor Lino Pizzi e da numerosi sacerdoti e religiosi di Carpi, Modena-Nonantola e di altre diocesi. Nell’omelia, monsignor Castellucci, ha scelto due parole per tratteggiare la figura di monsignor Tinti: cordialità e vicinanza. "In primo luogo ‘cordialità’ – ha affermato don Erio –. Accoglieva tutti con una esclamazione di benvenuto, porgeva la mano e si apriva in un sorriso. Non ho mai avuto l’impressione che si sforzasse, la sua cordialità gli era connaturale, un dono che il Signore gli aveva elargito. La cordialità – ha proseguito - è una virtù che contiene la parola ‘cuore’, che esprime non solo la sfera sentimentale, ma anche quella dell’intelligenza e della moralità. Don Elio aveva un cuore grande, non era ‘sentimentale’ però metteva passione autentica in tutto ciò che viveva. Aveva un’ottima intelligenza, non era un ‘intellettuale’ ma sapeva usare bene la ragione, specialmente nell’ambito della cultura giuridica e della spiritualità. Aveva una forza di volontà incredibile, non era però uno ‘stoico’, ma attribuiva alla grazia di Dio tutto ciò che faceva di buono". La vita di monsignor Tinti "è stata segnata più volte dalla malattia e da gravi lutti, sempre sostenuti con una fede granitica. Questa consuetudine con la sofferenza lo ha portato ad essere così sensibile alla sofferenza altrui: ed ecco la seconda parola, ‘vicinanza’. La famigliarità con le fatiche ha forgiato la sua capacità di farsi prossimo, non solo di essere vicino alla gente ma anche di farlo capire". L’ultimo segno della ‘vicinanza’ di don Elio, ha concluso monsignor Castellucci, "è la decisione di ricevere la sua sepoltura qui nel Duomo che è stato il centro del suo ministero". Prima della benedizione finale, si è data lettura del testo, quasi un’omelia, che monsignor Tinti aveva scritto per quella che sarebbe stata la sua Messa esequiale (datato 18 gennaio 2010), e che comincia con le parole: "Sono giunto a casa…"

Maria Silvia Cabri