Alluvione e previsioni: lo studio dell'Università di Modena

Elaborato un modello in grado di prevedere l'evoluzione dell'onda di esondazione utilizzato il 6 dicembre. E un report di 5 anni fa documentava le criticità idrauliche di Secchia e Panaro

Alluvione Modena: come è stata prevista l'evoluzione dell'esondazione

Alluvione Modena: come è stata prevista l'evoluzione dell'esondazione

Modena, 7 dicembre 2020 - L'alluvione di ieri in provincia di Modena si poteva prevedere? Le criticità idraliche dei fiumi Secchia e Panaro e la possibile rottura degli argini era state preannunciate già cinque anni fa in uno studio dell'Università di Modena e Reggio Emilia. Ateneo che ieri si è subito messo a disposizione della Protezione Civile con un modello che permette di conoscere l'evoluzione spazio-temporale dell'onda di esondazione e quindi di organizzare meglio i soccorsi.

A distanza di poco meno di sette anni dalla rotta dell’argine del Secchia avvenuta a San Matteo il 19 gennaio 2014, si è rotto ieri attorno alle 6 l’argine del Panaro in Via Tronco

L’evento era stato in qualche modo preannunciato, insieme ad altri colleghi, dal Professor Stefano Orlandini, ordinario di Costruzioni idrauliche e marittime e Idrologia al Dipartimento di Ingegneria “Enzo Ferrari” dell’Università di Modena e Reggio Emilia, in uno studio del 2015.

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Il Panaro si è ingrossato durante la notte e alle 7 del mattino, è arrivato alle case

Unendo allo studio della topografia del terreno, con elementi forniti da rilievi 'lira' (light detection and ranging), l'analisi delle leggi idrauliche di propagazione, i ricercatori hanno elaborato un modello, riconosciuto da Vigili del Fuoco e Protezione Civile, che "rispetto a quelli richiesto basati su descrizioni uniformi del dettaglio topografico - spiega il professore - risulta più accurato, affidabile e più efficiente. In termini pratici significa che occorrono tempi di calcolo nell'ordine di 15 minuti per ottenere simulazioni significativamente più accurate di quelle ottenute da altri modelli in 15 ore. Uno strumento utile, in queste circostanze, per guidare le operazioni di soccorso a vantaggio di soccorritori e assistiti e anche per identificare possibili azioni di controllo e di allarme".

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"Come ricercatori/ricercatrici di Unimore – conclude Orlandini - saremmo felici che il nostro lavoro potesse essere di aiuto ai Vigili del Fuoco, alla Protezione Civile Nazionale, ai Governi nazionali e locali e ai cittadini dell’intero territorio italiano, e non solo, per risolvere emergenze che, tristemente, si ripropongono ogni anno nel nostro Paese".