Niente nido per una bimba non vaccinata, il tribunale dà torto ai genitori

I genitori avevano provato ad iscriverla sia a Carpi che a Correggio

Una dottoressa prepara una dose di vaccino (foto Ansa)

Una dottoressa prepara una dose di vaccino (foto Ansa)

Modena, 7 dicembre 2017 - Nessun atteggiamento discriminatorio nei comportamenti dei Comuni di Carpi e di Correggio e della Regione Emilia-Romagna in merito alle vaccinazioni obbligatorie per i minori iscritti a nidi e scuole materne. Il tribunale di Reggio Emilia ha infatti rigettato il ricorso presentato dai genitori di una bambina, che avevano presentato un’azione civile contro la ‘discriminazione’ della loro figlia, condannandoli a pagare le spese legali. A diffondere la notizia è stata la stessa amministrazione comunale carpigiana.

Vaccinazioni obbligatorie a Carpi: 'Una conquista'

I genitori avevano esercitato l'obiezione di coscienza, non vaccinando la piccola, sostenendo il carattere discriminatorio dellalegge regionale dell'Emilia-Romagna che ha reso obbligatori i vaccini anche per l'iscrizione al nido. È una delle prime pronunce della giustizia sulla questione.

I due avevano presentato domanda di iscrizione per la loro figlia al nido d’infanzia sia a Carpi che a Correggio ma avevano esercitato il loro diritto alla non vaccinazione obbligatoria confermando la loro obiezione di coscienza sostenendo il carattere discriminatorio della legge regionale nella parte in cui questa prevede “che l’assolvimento degli obblighi vaccinali costituisca condizione per l’accesso alle scuole di prima infanzia”: ravvisandolo inoltre nel comportamento dei Comuni di Carpi e di Correggio, consistito “nell’aver richiesto ai ricorrenti di compilare il modulo di iscrizione che prevedeva quale requisito di ammissione la dichiarazione d’impegno dei genitori a sottoporre il figlio alle vaccinazioni, in tal modo limitando l’accesso a scuola ai soli bambini vaccinati”.

VACCINI_25219310_001650
VACCINI_25219310_001650

“E’evidente come il sacrificio di una convinzione personale, imposto dall’obbligo vaccinale e dalla sua previsione quale condizione di accesso ai servizi per l’infanzia, è del tutto proporzionato e giustificato - si legge nelle motivazioni della sentenza del tribunale - dall’esigenza di tutela di valori superiori. Di nessun pregio sono le considerazioni dei ricorrenti secondo cui al momento non vi sarebbe una emergenza sanitaria da rischio epidemico tale da giustificare le misure adottate dal legislatore e, di conseguenza, dalla pubblica amministrazione”